Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1858, I-II.djvu/740

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antonio e cleopatra — atto quinto 353


Mec. Le sue virtù bilanciavano i suoi vizi; molte macchie avea e molta gloria.

Agr. Non mai anima più egregia, più pellegrina vestì umana forma. Ma voi, Dei, voi volete lasciarci sempre alcuna debolezza che ci tradisca, e ci dichiari uomini. Mirate! Cesare s’intenerisce.

Mec. Ei sè raffigura nel grande specchio offerto ai suoi occhi.

Ces. Oh Antonio! Io t’ho inseguito fin qui..... ma siamo noi stessi i fabbri dei nostri danni. Conveniva o ch’io fossi môstro a’ tuoi sguardi in uno stato di degradazione, o che spettatore divenissi della miseria tua. Abitare insieme non potevamo in un medesimo mondo. Mi sia concesso però di versar lagrime di sangue sulla fatalità dei nostri destini; concesso mi sia di gemere per te, mio fratello, mio collega in tutte le imprese, mio compagno all’imperio, mio amico, e commilitone nei primi ordini di battaglia; per te, braccio destro di Cesare, cuore da cui il mio traeva il suo ardire e i suoi nobili sentimenti. Ah le inconciliabili nostre stelle dovevano dunque così dividere le nostre eguali fortune per condurci a tal misero fine? Ascoltatemi, miei degni amici; ma no, vi dirò i miei pensieri in momento più convenevole. (entra un messaggiere) Quell’uomo ha l’aspetto di chi reca grave novella: vo’ sapere quel che è. — Di dove vieni?

Mess. Sono un misero Egiziano. La regina, mia signora, ridotta al solo asilo che le resta, il suo sepolcro, desidera essere istrutta delle vostre intenzioni per determinarsi a quel partito che migliore le sembrerà.

Ces. Dille che non tema. Saprà in breve da uno dei nostri deputati qual onorevole trattamento le apparecchi la mia clemenza. Cesare non può vivere che per essere generoso.

Mess. Possano dunque gli Dei preservarti!     (esce)

Ces. Avvicinati, Proculeio; parti, e di’ alla regina che non paventi da noi alcuna umiliazione, porgile quei conforti che chiederà la natura de’ suoi dolori. Vegliamo sopra di lei. — Il sentimento della sua grandezza potrebbe armarla contro i propri giorni, e render vane le nostre speranze. Cleopatra condotta viva a Roma eternerà il nostro trionfo. — Va, e torna in breve per ripetermi quello che t’avrà detto e quello che avrai scrutato de’ suoi sentimenti.

Procul. Obbedisco, Cesare.                                   (esce)

Ces. Gallo, seguilo. — (Gallo esce) Dov’è Dolabella per secondar Proculeio?