Pagina:Rusconi - Teatro completo di Shakspeare, 1859, VII.djvu/118

Da Wikisource.

ATTO TERZO 109


Tob. Vi avvedrete del contrario, ve ne assicura; perciò se ponete un qualche prezzo alla vostra vita, pensate a ben difendervi; perchè il vostro avversario ha in sè tutto ciò che la gioventù, la forza, l’ardire e la collera possono dare ad un uomo.

Viol. Ve ne prego, signore, chi è?

Tob. È un cavaliere creato sul tappeto, e non sul campo, ma un demonio nelle private contese: egli ha già divise tre anime da tre corpi, e il suo furore in questo momento è così acceso, che altra soddisfazione non accetta che la morte e il sepolcro: a tutto sangue, quest’è la sua parola.

Viol. Rientrerò in casa per chiedere a madonna qualche suggerimento in questa bisogna. Non sono un duellista. Ho inteso parlare d’una specie d’uomini, che suscitano contese solo per esperimentare l’altrui valore: pare che questi sia un uomo di quella specie.

Tob. No, signore. Il suo sdegno deriva da più recondita sorgente, e perciò preparatevi a dargli soddisfazione. Voi non rientrerete in casa, a meno che non vogliate battervi prima con me, locchè farete con sicurezza eguale a quella con cui vi battereste seco. Non me ne dite altro, e sguainate la spada: è indispensabile per voi tale duello, se pure non rinunziate per sempre a portare quell’arma al vostro fianco.

Viol. Ma ciò è strano e scortese. Io vi scongiuro di dirmi in che offesi quel cavaliere? Fatto non l’avrò che inavvedutamente, non per mala volontà.

Tob. Ebbene, vi compiacerò. Signor Fabiano, restate con questo gentiluomo sinch’io ritorno. (esce)

Viol. Pregovi, signore, sapete il motivo di questo litigio?

Fab. So che il cavaliere è molto infellonito contro di voi, e che egli vuol venire ad un giudizio di morte; ma ignoro il perchè.

Viol. Di grazia, ditemi, che razza d’uomo è egli?

Fab. Il suo aspetto non promette nulla, e vedendolo non si direbbe mai che possegga tanto valore. Ma è lo schermitore più destro, più sicuro e più fatale che possa trovarsi in Illiria. Volete che gli andiamo incontro? Mi sforzerò di riporvi in pace con lui.

Viol. Ve ne avrò le più grandi obbligazioni; sono un uomo che più mi piaccio nella compagnia de’ preti, che in quella de’ cavalieri: io non desidero di far sapere al mondo fin dove giunga il mio valore. (escono; rientra ser Tobia con ser Andrea)

Tob. Ah! in verità, è proprio un demonio; non vidi mai egual campione. Mi provai seco, ma lama, fodero, e tutto il resto andò per aria, ed ei mi colpi con tanta rapidità, che impossibile è l’evitarlo. Si dice che sia stato maestro di scherma del sofì.