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218 | PERICLE PRINCIPE DI TIRO |
2° Mar. No, pel cielo! che rischieremmo d’affondare. Vedi come i flutti s’alzano fino alla luna!
1° Mar. Signore, la vostra sposa v’è di troppo: il mare è sdegnato, i venti fremono, e non taceranno finchè il vascello non sia alleggerito degli estinti.
Per. Codesta è una vostra superstizione.
1° Mar. Perdonateci, signore, è regola che si osserva in mare, e a cui dovete conformarvi. Arrendetevi, e abbandonateci il suo cadavere.
Per. Sia come volete. — Sfortunata regina!
Lic. Ella dorme qui, signore.
Per. Avesti una fatal sorte, mia povera sposa! Non letto, non fuoco, bersaglio agli elementi nemici: nè posso pur darti un santo sepolcro, ma convien che all’onde ti getti come cadavere scomunicato, dove per monumento e per lampade funerarie avrai cumuli d’acque immonde e un fioco chiaror di stelle. Licorida, di’ a Nestore che mi rechi il necessario per scrivere e i miei gioielli, e di’ a Nicandro che mi porti quel cofanetto di raso: posa la bambina sopra un guanciale, ed abbine ogni cura. Affrettati, affrettati, finchè il senno mi regge. (Lic. esce)
2° Mar. Signore, abbiamo disotto una cassa, in cui, se volete, potrem mettere la vostra sposa.
Per. Ti ringrazio. Che costa è quella?
2° Mar. Siam vicini a Tarso.
Per. Approda costì, marinaio. Sarà lungo il tragitto?
2° Mar. Coll’aurora l’avremo compito, se cessano i venti.
Per. Ebbene, si vada; visiterò Cleone, e mi prenderò pensiero della bambina, che non potrà reggere fino a Tiro: quivi l’affiderò ad una esperta nudrice. Andiamo, marinari, venite a prendere le spoglie di Taisa. (escono)
SCENA II.
Una stanza nella casa di Cerimone.
Entrano Cerimone, un domestico e alcune persone che han naufragato su quelle sponde.
Cer. Filemone, olà! (entra Filemone)
Fil. Chiamate, signore?
Cer. Appresta fuoco e cibo a questa povera gente. Fu una notte ben tempestosa.