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228 PERICLE PRINCIPE DI TIRO


Boult. In fede, essi mi ascoltavano, come avrebbero ascoltato il testamento del loro padre. Vi fu uno Spagliuolo che rimase sì conquiso della mia descrizione, che corse tosto a coricarsi.

Cor. Prima di dimani lo avremo coi suoi più bei pizzi.

Boult. Stasera, stasera. Ma conoscete voi, signora, quel cavalier francese curvato all’innanzi?

Cor. Chi? monsieur Verolles?

Boult. Sì, egli saltellò al mio bando, divenne agile come un capriuolo, e giurò, che l’avrebbe voluta vedere prima di dimani.

Cor. Bene, bene, si compenserà con ciò delle malattie che prese qui. Egli verrà ad alloggiare da noi, e verranno con lui viaggiatori di altre nazioni. — Ora ascoltatemi, voi. (a Mar.) La fortuna vi corre dietro; approfittatene. Badate; voi dovete simulare di far con avversione quello che farete volentieri; di disprezzare il guadagno, onde vi venga maggiore. Dovete compianger la vostra maniera di vivere, onde intenerire i vostri amanti; mostrarvi insomma quale non sarete.

Mar. Non v’intendo.

Boult. Oh! oonducetela in casa, padrona, conducetela in casa: quei suoi rossori debbono essere dissipati da una subita pratica dei vostri precetti.

Cor. Dici bene, in fede: non è più tempo di ciancie. Venite, fanciulla: apprenderete il mestiere. Boult, continua a spargere per la città la notizia che costei sta in nostro potere, e ne sarai ricompensato ampiamente.

Boult. Vi assicuro, signora, che il tuono non scoppierà così forte, come la mia voce, vantando la di lei bellezza. Qualcuno vi condurrò a casa questa notte.

Cor. Venite voi di qui; seguitemi.

Mar. Se il fuoco abbrucia, se i pugnali trafiggono, o le acque annegano, rimarrò incontaminata. Diana, dammi tu soccorso.

Cor. Che cosa ci avete voi a fare con Diana! Venite, vi prego. (escono)

SCENA IV.

Tarso. — Una stanza nella casa di Cleone.

Entrano Cleone e Dioniza.

Dion. Siete voi insensato? si può da ciò recedere?

Cl. Oh Dioniza! uccisione sì orrenda non fu mai mirata dai cieli.

Dion. Io credo, che voi ridiveniate fanciullo.