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ATTO SECONDO 255

carti da me, non può essere che un selvaggio aborto, che una pianta sterile e maledetta che infetterà la tua esistenza, e ti cuoprirà d’obbrobrio.

Ant. È a me ch’ella parla, e io son commosso dai suoi discorsi! Mi sarei dunque ammogliato in sogno, o dormirei adesso? Quale errore mi affascina e mi toglie l’intelletto? Fino a che non ne venga in chiaro, vuo’ piacermi dell’errore in cui verso.

Luc. Dromio, va a dire ai domestici di mettere in tavola.

Drom. Oh il mio rosario! ch’io mi munisca del segno dei peccatori, perchè questo è un paese d’incantesimi. Dio sia con noi! Noi parliamo a spettri, a genii maligni. Se non obbediamo ad essi, ci trasformeranno chi sa in quali belve.

Luc. Che mormori tu invece di rispondere, sciocco, lumaca, testugine?

Drom. Ecco fatta la mia metamorfosi. Son io divenuto una bestia, signori?

Ant. Credo che la tua anima sia mutata come la mia.

Drom. In verità, signore, anima e corpo tutto è trasformato.

Ant. Tu conservi la tua figura e la tua prima forma.

Drom. No, io son divenuto una scimmia.

Luc. Se sei cambiato in qualche cosa, è in ciuco che ti sei mutato.

Drom. È vero: essa mi guida, ed io anelo di pascere pei prati. Sì, io sono un ciuco, altrimenti non potrebb’essere che non la conoscessi così bene com’ella conosce me.

Adr. Oh! io non sarò più così pazza da piangere, allorchè il valletto e il padrone ridono dei miei mali, e mi dìsprezzano. Su via, signore, venite a pranzo: Dromio, pensa a custodire la porta. Marito, io desinerò oggi da sola a solo con te, e ti costringerò a confessarmi tutte le tue infedeltà. — Se qualcuno viene a chiedere il tuo signore, digli ch’egli desina fuori, e non lasciar entrare nessuno. Venite, sorella. Dromio, sii vigilante.

Ant. Sono io in terra, in cielo, o in inferno? Dormo, o veglio? Son pazzo o in senno? Mi conoscono esse, o sono sconosciuto a me medesimo? — Su via; dirò come loro, e li seconderò; sarà lieta la ventura che m’aspetta fra queste tenebre.

Drom. Padrone, farò da portiere?

Ant. Sì; nè lasciare entrare alcuno, se non vuoi ch’io ti rompa le ossa.

Luc. Andiamo, Antifolo, desineremo ancora troppo tardi. (escono)