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ATTO SECONDO 21

l’accesso nel mio palagio vi è vietato, occupate però un posto nel mio cuore. La vostra bontà voglia scusarmi; io mi accomiato da voi, e dimani ritornerò per visitarvi.

Prin. L’amabile salute e i fortunati desiderii accompagnino Vostra Altezza.

Re. Vi auguro il compimento dei vostri dovunque andiate. (esce col suo seguito)

Bir Signora, io vi ho raccomandata al mio cuore.

Ros. Vi prego di dirgli molte cose per me, sarei ben lieta di vederlo.

Bir. Vorrei che l’udiste gemere.

Ros. Il pazzo è forse malato?

Bir. Malato nel cuore.

Ros. Fategli cavar sangue.

Bir. Gli gioverebbe ciò?

Ros. La mia medicina dice di sì.

Bir. Volete voi traforarlo coi vostri occhi?

Ros. No, ma col mio coltello.

Bir. Iddio salvi la vostra vita!

Ros. E guardi la vostra dai pericoli di un corso troppo lungo.

Bir. Non posso fermarmi per ringraziarvi. (s’allontana)

Dum. Signore, una parola di grazia: chi è quella fanciulla?

Boy. L’ereda di Alençon, Rosalina.

Dum. Una leggiadra donzella! signore; addio. (esce)

Long. Ve ne supplico, una parola: chi è quella donna vestita di bianco?

Boy. Una donna, come appunto dite.

Long. Ma il suo nome?

Boy. Ella non ne ha che uno per se stessa; sarebbe indiscrezione il dimandargliene.

Long. Di grazia, signore, di chi è figlia?

Boy. Di sua madre, da quanto mi assicurano.

Long. Dio voglia benedire la vostra barba!

Boy. Non vi offendete, mio buon signore; ella è l’ereda di Faulconbridge.

Long. Ogni mia collera è passata. — È un’amabile creatura.

Boy. Potreste aver ragione, signore; potreste aver ragione. (Long. esce)

Bir. Come si chiama quella dalla cuffia?

Boy. Caterina forse.

Bir. È maritata, o no?

Boy. Come più le aggrada.