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ATTO QUARTO 333

vostro intorno ai fatti che non son conosciuti che da noi tre. Queste istruzioni faran sì ch’egli crederà che godiate tutta la confidenza del vostro genitore e che gli riveliate i segreti dell’anima sua.

Flor. Quanti obblighi vi ho!

Cam. Questo disegno è meglio ordinato che quello di avventurarvi follemente sopra mari inospiti, verso rive sconosciute, colla certezza d’incontrare molte miserie senza alcuna speranza di soccorso, e certo all’escire d’ogni infortunio d’incontrarne un altro: non avendo altra fidanza che nelle vostre àncore che non possono che farvi rimanere in luoghi in cui vi cruccierete di dover restare. Poi lo sapete, che la prosperità è il pascolo più sicuro dell’amore, e che la sventura ne altera la freschezza e corrompe le anime.

Per. Credo che la freschezza del volto possa alterarsi per l’avversità, ma non quella dell’anima.

Cam. Voi lo credete? Siete un’egregia fanciulla.

Flor. Mio caro Camillo, ella è tanto al disopra della sua educazione, quanto umile fu lo stato in cui la pose la natura.

Cam. Non posso dire che è peccato che manchi d’istruzione, perocchè sembra averne più che la maggior parte di coloro che fanno professione d’istruir gli altri.

Per. Il mio rossore, signore, vi ringrazii per me.

Flor. Amabile Perdita... Ma su quali spine siamo noi posti? — Camillo, redentore di mio padre, ed ora mio, consolazione della nostra casa, come farem noi? Noi non abbiamo il seguito che si addice al figlio di un re, e non potremo mostrarci in Sicilia.

Cam. Non vi date alcun pensiero per questo, signore. Voi sapete, credo, che io posseggo molte ricchezze in quell’isola; sarà mia cura che troviate colà tutto quello che debbe aver un principe. E onde convincervi che non mancherete di nulla, udite una parola. (parlano in disparte; entra Autolico)

Aut. Oh come è facile a restar beffata l’onestà, e quanto la confidenza, di lei sorella, è sciocca! Ho vendute tutte le mie merci; non mi rimane una sol pietra falsa, nè una fettuccia, nè uno specchio, nè una palla di sapone, nè un coltello, nè un guanto, nè un’armilla, tanta fu la pressa de’ compratori, come se quelle mie inezie fossero state benedette e avessero potuto procacciare grandi vantaggi a chi le acquistava. Il mio pastore, a cui manca poco per essere un uomo ragionevole, s’innamorò siffattamente delle canzoni ch’io gli diceva, che lo si sarebbe potuto spogliare, senza che se ne avvedesse. Nè dal suo stupore