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388 COME VI PIACE


Feb. Conosci tu quel giovine che mi parlò dianzi?

Sil. Non molto, ma l’ho veduto spesso: è quello che comprò la capanna e le terre vicine.

Feb. Non creder ch’io l’ami, sebben t’interroghi sopra di lui; ei non è che un impronto. Pure parla bene assai, e le parole fan ottimo effetto: sopratutto quando quegli che le proferisce piace a colui che le ascolta: egli è un bel giovine superbo, ma a cui la superbia si confà a meraviglia; diverrà un bel uomo, e se la sua lingua ferisce, i suoi occhi guariscono tosto: ei non è grande, ma è abbastanza grande per la sua età: il vermiglio delle sue labbra, il roseo delle sue gote allettano. Se vi fosse stata qualche donna, Silvio, che l’avesse esaminato come io ho fatto, essa vi sarebbe innamorata di quel giovine: per me non l’amo e non l’odio, e nondimeno avrei più motivo di odiarlo che di amarlo; perocchè qual ragione aveva per riprendermi così? Egli mi disprezzò, e stupisco dì non avergli risposto in modo dicevole. Voglio scrivergli una lettera pungente, che tu gli porterai: lo farai tu, Silvio?

Sil. Con tutto il cuore, Febèa.

Feb. La scriverò subito, la testa mi bolle; la mia lettera sarà breve, ma arguta: vieni con me. (escono)