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Fu in ogni tempo universale lsraelitica credenza, che il Pentateuco, in ogni sua parte, riconosca per autore ed unico estensore l'Arciprofeta Mosè; il solo ultimo capo del Deuteronomio, quello cioè che la morte ci descrive del sacro scrittore fu dai Dottori stessi del Talmude messo in quistione, se a Mosè stesso, o non piuttosto a Giosuè ascrivere si dovesse:

בתרא דף ט"ו: תניא וימת שם משה עבד ה', אפשר משה מת וכתב וימת, אלא עד כאן כתב משה מכאן ואילך כתב יהושע: דברי ר' יהודה ואמרי לה ר' נחמיה

Contro a questa universale costantissima credenza di tutta l'antichità lsraelitica e Cristiana, e diciam pure della pagana eziandio, insorse un secolo e mezzo fa il Padre Riccardo Simon, avanzando nella sua Storia critica dell'antico testamento, che Mosè non è propriamente l'autore, che di quella parte del Pentateuco, che le leggi comprende e le divine ordinazioni; che però tutta la parte di esso Libro che la storia concerne era stata estesa da certi, com’ ei li chiama Scribi, ossieno pubblici scrittori, o Profeti che chiamar si vogliano, che altro in sostanza non erano, secondo la sua ipotesi, che uomini dalle pubbliche autarità incaricati ad esercire l'ufficio di Storiografi.

L'insussistenza di tale gratuita supposizione si manifesta evidentemente, mediante la sola considerazione che la parte precettiva o legale, e la parte Storica del Pentateuco, non sono in esso libro in verun modo disgiunte, staccate, o minimamente separate e distinte, come non potevano non esserlo, se da differenti autori state fossero estese: mentre ben all'opposto, ad ogni pagina quasi del sacro codice troviamo i divini comandamenti nel corso stesso delle diverse narrazioni inseparabilmente in nestati e naturalmente annicchiati. La legge, a cagione d'esempio, civile delle successioni, registrata nel libro dei Numeri, cap. 27 è contenuta in 11 versetti, dei quali i primi 5 che non sono che la rimostranza delle figlie di צלפחד appartengono alla Storia, i