Pagina:Saggio di canti popolari veronesi.djvu/18

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rispettandone però sempre la essenza, specialmente nelle tradizioni che «per quanto sembrino insulse o viziate, o derivano da qualche fatto od hanno radice in qualche verità profonda, talchè non può trascurarle chi nella Storia non studia l’aneddoto ma l’uomo»1 Questa lenta ma assidua modificazione venne stupendamente lineata da Giovanni Berchet come segue: «La poesia popolare, e per tale intendo quella che è direttamente prodotta e non soltanto gradita dal popolo — non mette fuora opere materialmente immobili come la poesia d’arte; non le raccomanda, come questa, alla scrittura; ma le affida al canto transitorio, alla parola fugace: cammina, cammina libera e viva e ad ogni passo che fa lascio un vezzo o ne piglia uno nuovo, senza per questo cessare d’essere quello ch’ell’era, senza mutare la sembianza che dapprincipio ella assumeva. Sorge uno e trova una canzone; cento l’ascoltano e la ridicono. Le cantilene udite dai suoi parenti, la madre le ricanta ai suoi figliuoli, questi le insegnano ai nipoti. Quando viene l’uomo letterato e se le fa ripetere e le ferma in caratteri scritti, chi può dire per quante bocche sieno già passate quelle cantilene? La canzone è la stessa, quella trovata da quell’uomo primo sparito nella folla; ma qualche particolare di essa o è perduto, o è alterato, o variato, non foss’altro per necessità della labile memoria umana, oppure delle nuove esigenze della lingua parlata. Quindi è che dagli accidenti estrinseci del testo scritto non si può con assoluta certezza conchiudere l’eta d’una romanza. Al raccoglitore ne è toccata l’ultima compilazione; ma se molte o poche altre compilazioni più o meno variate ne l’abbiamo preceduta, chi ’l sa?2.

I progressi veloci della civiltà saranno in Italia più che altrove fecondi di bene, e condurrannola presto a quella unità di linguaggio che fu ed è generale desiderio, ma cui non saremmo forse arrivati giammai senza loro. Fu detto benissimo



  1. Cesare Cantù — Opera e loco citati — Tomo II — parte II — N. 37,pag. 445.
  2. Vecchie Romanze Spagnuole recate in Italiano da Giovanni Berchet — Brusselles; Hauman, Cattoir e C. 1837. — Prefazione, pagina XVII. —