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capitolo xi. - sull’oceano antartico 103


una lunghezza di tre piedi, ossia di un metro, colla pelle bianca argentata, la testa rotonda, il dorso munito di tre pinne ed il muso terminante in una specie di tromba che s’incurva verso la bocca.

Malgrado il loro peso, gli albatros, dopo di averle colpite a morte col robusto becco, le estraevano dall’acqua e volavano verso le terre più vicine per divorarsele con loro comodo.

Alle otto, quando il nebbione si dileguò, verso il nord apparve una costa alta assai e dirupata, sulla quale si vedevano volare bande immense di uccelli marini. Il capitano Bak, che aveva già visitate altre volte quelle regioni, la riconobbe subito.

— È l’isola del Re Giorgio, diss’egli a Wilkye. Voi non vi eravate ingannato; il vulcano che abbiamo veduto era quello di Bridgeman. Ecco laggiù la baia del Re, più oltre lo stretto di Freld e le colline dell’isola di Nelson.

— Sì, rispose Wilkye. La Stella Polare è discesa al sud passando in mezzo alle Shetland orientali, fra l’isola del Re Giorgio e quelle di Clarence e degli Elefanti.

— Se i ghiacci non ci ostacolano i passaggi, fra tre giorni voi sbarcherete, disse Linderman all’americano.

— Lo spero; ho fretta di mettermi in marcia.

— E di raggiungere il polo, è vero? chiese l’inglese con leggiera ironia.

— Sì, signore.

— Coi vostri velocipedi.

— Coi miei velocipedi, signor Linderman, rispose l’americano con voce asciutta.

— I quali speriamo che non si guasteranno.

— E perchè devono guastarsi?

— Ma non avete anche pensato, signor Wilkye, che i metalli esposti alle temperature freddissime delle regioni