Pagina:Salgari - Duemila leghe sotto l'America - Vol. II.djvu/49

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il vulcano 47


— Coraggio, disse l’ingegnere con voce ferma.

— Sir John, disse Morgan. Quali intenzioni avete voi?

— Amici, rispose l’ingegnere, forse dei grandi pericoli ci attendono laggiù, ma giacchè siamo venuti fin qui, la mia opinione sarebbe di andare innanzi. Mi rimetto però al vostro consiglio.

— Ebbene, signore, io vi seguo, disse Morgan senza esitare.

— Se voi affrontate quei pericoli voglio affrontarli anch’io, disse Burthon.

— Ma l’aria sarà respirabile? chiese O’Connor.

— Non abbiamo gli apparati Rouquayrol?

— Allora si vada avanti.

Il previdente ingegnere fece riempire d’acqua tutti i barili onde inondare il battello nel caso che dovessero affrontare delle fiamme, poi esaminò gli apparecchi Rouquayrol. Erano tutti e quattro in ottimo stato, ma bisognava rinnovare la provvista d’aria.

Fu messa in opera la pompa premente a stantuffi fissi e cilindri mobili e i serbatoi, che erano capaci di resistere ad una pressione di ben quaranta atmosfere, vennero riempiti d’aria.

Terminati questi preparativi sir John diede il comando di andare avanti.

L’Huascar, che era stato fermato, si ripose in marcia a piccolo vapore dirigendosi verso quel chiarore rossastro. L’ingegnere si era collocato a prua con a fianco il meticcio; O’Connor, che tremava in tutte le membra, si era collocato a poppa tenendo le mani sulla barra del timone e Morgan dinanzi alla caldaia.

Man mano che il battello s’avvicinava a quella luce che ora diventava vivissima ed ora assai fosca, i boati diventavano più formidabili e gli scoppi