Pagina:Salgari - Duemila leghe sotto l'America - Vol. II.djvu/61

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il terremoto 59


pronto a chiuderla al primo segnale e O’Connor e Burthon a poppa, presso la barra del timone.

Durante le prime ore, l’Huascar potè avanzare con notevole velocità malgrado gli ostacoli che spesso l’obbligavano a deviare per cercare un passaggio, ma poi gli scogli subacquei e le rocce divennero così numerose che Morgan fu obbligato a ridurre la corsa a due soli nodi all’ora. Quasi contemporaneamente i boati divennero più forti e si sparse per la galleria uno strano odore che produsse ai cacciatori e all’ingegnere una violenta tosse.

— Che odore è mai questo? chiese Burthon.

— Si direbbe che qualcuno abbrucia dello zolfo, disse l’ingegnere.

— Che ci sia qualche zolfatara nei dintorni? chiese Morgan.

— Senza dubbio.

Ad un tratto s’udì un fischio acutissimo. I tre cacciatori si guardarono l’un l’altro con viva sorpresa.

— Chi è che fischia? chiese Burthon.

Un secondo, poi un terzo, un quarto, un quinto fischio risuonarono verso la riva destra.

— È il diavolo! esclamò O’Connor, con voce tremante.

— Andiamo a vedere di che si tratta, disse l’ingegnere.

L’irlandese diresse l’Huascar verso la sponda indicata, che appariva assai elevata ma non difficile a scalarsi. L’odore di zolfo era diventato allora così intenso che i quattro naviganti tossivano incessantemente.

Altri cinque o sei fischi, molto più acuti dei primi, si udirono.

— Corna di cervo! esclamò Burthon. Che musica!...