Pagina:Salgari - Duemila leghe sotto l'America - Vol. II.djvu/94

Da Wikisource.
92 capitolo xxiv.


CAPITOLO XXIV.

Un lume.

Alle 2 ant. del 28 Dicembre, dopo una notte tranquillissima, l’ingegnere e i suoi compagni si mettevano risolutamente in cammino più che mai decisi di raggiungere con una celere marcia gli uomini che li precedevano.

Sir John, con una lampada nella sinistra e un revolver nella destra, apriva la marcia; dietro a lui, in fila indiana, venivano Burthon, O’Connor e Morgan. Anche quest’ultimo aveva la lampada e il revolver per impedire che gli assassini gli assalissero improvvisamente alle spalle.

La galleria era vasta assai, e l’aria vi circolava liberamente. Le pareti erano affatto liscie, formate da trapps, ossia da strati orizzontali di rocce sovrapposte le une alle altre, e perfettamente asciutte. Anche il terreno era aridissimo, liscio, senza terriccio, senza sabbia, senza un ciottolo.

Il silenzio poi che regnava sotto quelle vôlte era cosa da impressionare chiunque. All’infuori del passo degli uomini che l’eco della galleria distintamente ripeteva, non udivasi nè il muggito d’un fiume, nè il mormorio d’un filo qualunque d’acqua, nè lo stridere d’un topolino, nè il ronzio d’un insetto.

— Questo silenzio mi stringe il cuore in modo strano, disse Burthon. Prima avevamo il muggito del fiume e lo sbuffare della macchina che ci