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112 capitolo quattordicesimo


— Capitano, accettate un mio consiglio? — chiese Rokoff, il quale era ritornato dalla sua esplorazione.

— Dite pure.

— Risaliamo il fiume anche noi.

— Ed a quale scopo?

— Per allontanare sempre più i soldati dall’isolotto e per respingere a fucilate le giunche che potrebbero scendere l’Hoang-ho e venire requisite dai nostri avversari.

— La vostra idea non mi spiace. Lo Sparviero ci raggiungerà egualmente e così facendo allontaneremo ogni pericolo pel nostro macchinista e per l’aerotreno.

— E potremo continuare la nostra caccia, — aggiunse Fedoro. —

Tornarono verso il banco e ripresero i loro posti nella scialuppa, rimontando lentamente la corrente e oltrepassando l’isolotto.

I manciù rivedendoli comparire li salutarono con selvaggi clamori, ma sapendo che il loro fuoco non sarebbe stato efficace in causa della distanza, non sprecarono le munizioni.

I tre aeronauti finsero di non essersi nemmeno accorti della loro presenza e continuarono tranquillamente il loro viaggio, sparando di quando in quando qualche colpo di fucile contro le anitre mandarine, i marangoni, i beccaccini e le oche che erano sempre numerose.

Avevano già percorso tre o quattro miglia facendo delle frequenti fermate per raccogliere i volatili che abbattevano, quando Fedoro, che si trovava a prora, mandò un grido di rabbia:

— Stiamo per venire presi!...

— Da chi? — chiesero a una voce Rokoff e il capitano.

— Una giunca di guerra scende il fiume!

— Per tutte le steppe del Don! — esclamò Rokoff. — L’avventura minaccia di finire male!...

— E lo Sparviero è ancora ammalato! — esclamò Fedoro. — Dove fuggire? —

Il capitano non rispose. Invece di guardare la giunca aveva volti gli occhi verso l’isolotto, dove vedeva apparire e agitarsi al disopra degli alberi, le immense ali del suo aerotreno.

— Giungeranno troppo tardi, — disse finalmente. — Lo Sparviero fra poco sarà qui e ci rapirà sotto gli occhi dei manciù e dell’equipaggio della giunca. Signor Rokoff, ridiscendiamo la corrente. —