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136 capitolo diciassettesimo


— Farò il possibile per soddisfarvi, capitano, — rispose il cosacco.

— Eccoci a terra: facciamo colazione, poi a me le reti ed a voi i fucili. Passeremo qui una bella giornata. —

Poi balzò verso la riva del lago, mentre Rokoff e Fedoro, sempre più sorpresi si guardavano l’un l’altro, chiedendosi:

— Chi capirà quest’uomo? —


CAPITOLO XVIII.

Le trote del Caracorum.

Appena terminata la colazione, Rokoff e Fedoro prendevano i fucili per andare in cerca dell’orso desiderato, mentre il capitano, trovata una piccola baia, andava a gettare le sue reti per prendere le famose trote.

Il macchinista invece, certo di non venire disturbato, si era messo alacremente al lavoro per accomodare quella disgraziata ala, che per la seconda volta aveva messe in così grave pericolo le vite degli aeronauti.

La giornata era splendida, quantunque dalla vicina Siberia soffiasse sempre un venticello freddissimo che irrigidiva le mani e screpolava le labbra.

Il sole, abbastanza tiepido, faceva scintillare vivamente le acque del lago, le quali assumevano le più svariate tinte con striature d’argento e di porpora.

Il russo ed il cosacco, si erano subito cacciati sotto i boschi, levando numerose bande di pernici da neve e di galli selvatici, che si erano ben guardati dal salutarli a colpi di fucile, per tema di spaventare la grossa selvaggina che poteva celarsi in mezzo ai folti cespugli di nocciuoli e di betulle nane.

Procedevano adagio adagio, girando intorno ai colossali tronchi degli abeti e dei pini con mille precauzioni e fermandosi sovente per ascoltare.

— Credi che noi troveremo qualche orso? — chiese ad un tratto Rokoff, dopo che avevano percorso quasi un miglio, senza aver incontrata nemmeno una lepre. — Mi pare invece che queste macchie siano assolutamente deserte.

— Le trote le troveremo questa sera; in quanto al pro-