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148 capitolo diciannovesimo

digiuno! Macchinista, preparaci la colazione! — gridò il capitano. — I miei carissimi ospiti faranno onore al pasto! Fortunatamente ho fatto una buona pesca nel Caracorum e le trote sono al fresco! Non avranno perduto nulla della loro squisitezza con trenta gradi sotto lo zero. Vi pare, signor Rokoff?

— Oh! Ne sono convinto, — rispose il cosacco che avrebbe invece preferito lasciarle a gelare, per trovarsi solo con Fedoro e scambiare le sue impressioni sul misterioso personaggio caduto sullo Sparviero quasi per opera magica.

Fu però un pio desiderio, perchè il capitano, quasichè avesse indovinate le loro intenzioni, durante tutta la giornata non li lasciò un momento soli, parlando dei suoi viaggi, delle regioni che si proponeva di attraversare, delle tribù che popolano il deserto, dei Lama del Tibet, della guerra che combattevano in quell’epoca gl’inglesi contro le tribù montanare dell’India, facendo scappare più volte la pazienza al cosacco, che ne aveva invece così poca.

Lo sconosciuto, durante quelle spiegazioni, si era tenuto costantemente da parte, sempre seduto presso il timone.

Aveva mangiato con buon appetito, senza mai parlare o limitandosi a rispondere con dei semplici cenni al cosacco ed al russo e facendo loro comprendere che conosceva male la loro lingua, poi aveva accesa una vecchia pipa di porcellana, simile a quelle che usano i tedeschi e gli olandesi e non si era più mosso dal suo posto.

Solamente verso le dieci di sera, i due amici poterono trovarsi soli in una delle loro cabine.

Lo Sparviero si era arrestato sulla cima d’un enorme ammasso di rupi, quasi al confine del deserto, a non molta distanza dalla via carovaniera che va da Sa-ciou, città cinese, a Uromei, grossa borgata mongolica, passando per Artsi e Pigian.

Il capitano, dopo essersi accertato che nessuno poteva minacciarli, in causa della ripidità delle rupi, aveva lasciato il ponte per ritirarsi nella sua cabina assieme allo straniero, ma non aveva ancora discesi due gradini che era tornato indietro, dicendo a Fedoro:

— Oh! mi ero dimenticato di darvi comunicazione d’una cosa che per voi è della massima importanza.

— Quale capitano? — chiese il russo, un po’ sorpreso.

— Il vostro dispaccio è già stato spedito e la vostra casa di Odessa a quest’ora deve essere informata che voi state per ritornare in Europa attraversando l’Asia.