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le ambizioni d’un calmucco 165

Attila invasero perfino l’Italia, siano stati gli antenati di questi nomadi, che ora vedete così miserabili?

— Ne ho udito parlare. Ora però non sono capaci d’altro che di condurre al pascolo i loro montoni e i loro cammelli.

— Perchè si sono troppo dispersi e suddivisi in un numero infinito di tribù indipendenti le une dalle altre.

— Ecco la principessa, — disse Fedoro.

I tre aeronauti si erano alzati guardando curiosamente verso l’entrata della tenda, che l’enorme monaco teneva alzata.

— Ah! La brutta vecchia! — esclamò Rokoff. — Ma questa è una strega! —

La principessa si era avanzata, facendo colle mani un saluto rispettoso.

Era una donna piccola, magra come un chiodo, colla pelle del viso color del pan bigio, grinzosa e incartapecorita, con due occhietti neri ancora vivaci e di una mobilità straordinaria.

Quale età poteva avere? Ottanta o cent’anni? Rokoff gliene avrebbe dati anche di più.

Come tutte le ricche Calmucche, indossava una lunga veste che le scendeva fino ai piedi, aperta in alto in modo da lasciar vedere la camicia di seta bianca.

Sul capo portava una specie di berretto colla parte superiore quadrata e l’inferiore rialzata da una parte e aveva i capelli raccolti in trecce e ancora neri e abbondanti, chiusi in una fodera di seta nera.

Le dita ossute erano coperte di anelli d’oro e d’argento e anche al collo portava pesanti monili formati da tael cinesi e da grani d’oro.

Non ostante quello sfarzo di gioielli, il colore azzurro della veste e le ricche babbuccie di pelle rossa con ricami d’argento, la principessa era d’una bruttezza ripugnante.

Il monaco, che pareva all’apice del suo trionfo, presentò alla vecchia i figli viventi di Budda, chiamandoli suoi amici e suoi protettori, poi li fece sedere sui cuscini mentre egli prendeva posto sul divanetto assieme alla principessa.

Quasi subito entrarono parecchi servi portando quattro capretti arrostiti interi, vasi ricolmi di kumis e focaccie di frumento e di riso e certi pasticci di forma piramidale, cosparsi di miele.

— Diamo un saggio della capacità degli stomachi dei piccoli Budda — disse Rokoff.

Il mandiki, nella sua qualità di monaco, aveva servito agli