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224 capitolo ventiseiesimo


— E voi?

— Io vado ad incendiare il villaggio.

— Fatelo saltare con una bomba d’aria liquida.

— To’! Non avevo pensato che disponiamo di mezzi così potenti. Datemene una e m’incarico io di mandare in aria tutte le catapecchie di questi briganti.

— Teneteli occupati per cinque minuti ed io m’incarico del resto.

— E se vi sorprendono?

— Con questa oscurità! E poi mi difenderò. Datemi un paio di rivoltelle.

— Sbrigatevi, signor Rokoff. Vedo i Tibetani avanzarsi e tremo per i miei piani orizzontali che possono venire distrutti in pochi minuti.

— Sono pronto a partire. —

Risalirono precipitosamente a bordo. Il cosacco prese le rivoltelle e la bomba che il capitano erasi recato a prendere e discese dalla parte opposta.

I montanari avevano ricominciato a sparare e la mitragliatrice rispondeva vigorosamente, appoggiata dagli Sniders del macchinista, di Fedoro e dello sconosciuto, il quale anche in quel terribile frangente non si era lasciato sfuggire una sola parola che avesse potuto tradire la sua vera nazionalità.

Rokoff appesosi il tubo di ferro, che racchiudeva l’aria liquida, alla cintura ed impugnate le sue rivoltelle, si era messo a strisciare lungo il piano di tribordo.

Fortunatamente per lui, i Tibetani invece di accerchiare lo Sparviero, avevano cominciato l’attacco su un solo punto, ossia verso il piano di babordo.

Dall’altra parte non si vedevano nè ombre avanzarsi, nè scintillare le micce dei vecchi moschettoni. Nondimeno il cosacco procedeva cautamente, temendo di trovarsi improvvisamente dinanzi a qualche drappello di nemici.

— Mi parve che le casupole fossero disposte su una vasta fronte, — disse — e che si trovassero su due file. Salteranno tutte insieme. —

A un tratto un pensiero lo trattenne.

— E la seta dei piani? — si chiese. — Non verrà distrutta? M’immagino che i ladri l’avranno nascosta nelle loro capanne. Bah! In qualche modo la surrogheremo più tardi. Pensiamo per ora a salvare la pelle. —