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226 | capitolo ventiseiesimo | 225 |
la mitragliatrice, mentre il macchinista portava in coperta Wynchester, Snider, Mauser, Remington e parecchie rivoltelle. — Che cosa succede?
— Non so, — rispose il cosacco, scavalcando rapidamente la murata del fuso. — Una torma infinita d’animali sta per irrompere addosso a noi. Mi parve che fossero jacks.
— E i tibetani?
— Spingono le bestie attraverso la valle, spaventandole con colpi di fucile e con rami resinosi accesi.
— Mille tuoni! Se quegli animali ci rovinano addosso, fracasseranno i nostri piani. Del fuoco! Mi occorre del fuoco!
— Le casupole stanno per spegnersi e poi sono dietro di noi, — disse Rokoff.
— Ma sì! Possiamo salvarci! Per due o trecento metri potremo sorreggerci anche senza i piani... Macchinista, è sotto pressione la macchina?
— Sì, signore.
— Metti in movimento tutto... ali..., eliche... Signor Rokoff! Venite! —
Il capitano si era precipitato verso il boccaporto, seguito dal cosacco. Un momento dopo risalivano portando ognuno due barili della capacità di cinquanta litri ciascuno.
— Partite! — gridò il capitano. — Non occupatevi di noi! Aspettateci dietro al villaggio...
La valanga vivente stava per rovesciarsi addosso allo Sparviero. Era un’enorme mandria di jacks, probabilmente ammaestrati, la quale scendeva attraverso il vallone a galoppo sfrenato, con mille muggiti.
Dietro si vedevano galoppare confusamente numerosi tibetani, montati su piccoli cavalli. Per spaventare i grossi ruminanti, agitavano dei rami di pino infiammati e sparavano colpi di moschetto.
Il capitano e Rokoff si gettarono in mezzo alle casupole quasi interamente consunte, stapparono due barili e lasciarono sfuggire il liquido sui tizzoni fumanti.
Era brandy e di prima qualità.
Le fiamme che stavano per ispegnersi, d’un tratto si ravvivarono. Una cortina di fuoco, alta parecchi metri, che mandava dei riflessi sinistri e lividi in un baleno si estese su una larghezza di oltre cento metri.
In quel momento lo Sparviero s’alzava precipitosamente,