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l’assalto dei montanari 229

appena in tempo per evitare l’urto formidabile di tutti quegli animali, che il terrore rendeva pazzi.

Spinto anche dal vento che soffiava in favore, la macchina volante passò sopra la cortina di fuoco, abbassandosi quattrocento passi dietro le ultime casupole.

Gli jacks, vedendo fiammeggiare quel fuoco immenso che pareva dovesse divorare l’intera valle, non ostante le urla e le fucilate dei pastori, si erano arrestati di colpo, muggendo spaventosamente.

Rimasero un momento irresoluti, poi con un volteggio fulmineo si scagliarono a testa bassa contro i loro padroni, volgendo le spalle alle fiamme.

Successe allora una confusione indicibile.

I cavalli tibetani, colpiti dalle corna dei furibondi ruminanti, cadevano l’uno sull’altro sferrando calci in tutte le direzioni, poi i superstiti fuggirono all’impazzata, fra un clamore immenso.

— Ecco una disfatta pagata cara da quei bricconi, — disse Rokoff. — Se tornano ancora dovranno avere il diavolo in corpo e la protezione di Budda. —


CAPITOLO XXVII.

Una caccia al volo.

Quella sconfitta inaspettata, doveva aver tolto ai Tibetani la speranza di riprendersi una rivincita sugli uomini bianchi.

La carica degli jacks, carica irresistibile, formidabile, che avrebbe dovuto spazzare via lo Sparviero o per lo meno ridurlo in uno stato così miserando da non poter più riprendere il viaggio, era stata veramente disastrosa per coloro che l’avevano organizzata.

Più di trenta cavalli erano rimasti a terra, atrocemente mutilati e parecchi Tibetani giacevano senza vita, coi fianchi fracassati ed i ventri squarciati.

— Un vero massacro, — disse il capitano che si era spinto oltre il villaggio assieme a Rokoff. — Se noi non arrestavamo quei furibondi animali, potevamo considerare il nostro viaggio finito per sempre.

— Sì, senza la vostra idea. Mi rincresce solamente pel vostro brandy, — rispose Rokoff. — Si poteva fare un punch migliore.