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236 capitolo ventisettesimo

ragliando rumorosamente, poi s’arrestavano un momento, quasi tutti d’un colpo, per fare poco dopo un rapido dietro fronte e ripartire come un uragano.

Brucavano un po’ le magre erbe e i licheni, quindi, presi da un nuovo capriccio, riprendevano le loro corse disordinate.

Erano animali grossi quasi quanto gli asini europei, cogli orecchi però meno lunghi, il pelame bigio oscuro, attraversato sul dorso da una lunga striscia nera che s’incrociava sulle spalle con altre due bigie.

Questi animali sono anche oggidì numerosissimi e s’incontrano di frequente sugli altipiani dell’Asia centrale, nelle pianure persiane e anche nell’India settentrionale.

Viaggiano in bande immense, emigrando ora fra i deserti e ora fra le steppe, non temendo nemmeno le tigri, che affrontano con un coraggio straordinario, colpendole cogli zoccoli, e se non basta, mordendole ferocemente.

La truppa scorta dagli aeronauti pareva che colle sue continue mosse disordinate e colle sue fughe precipitose, cercasse appunto di sfuggire a qualche pericolo che la minacciava.

Il capitano, che la osservava con un canocchiale, indovinò ben presto da quali nemici era assediata.

— Si difendono dai lupi, — disse a Rokoff che lo interrogava.

— Sono numerosi?

— Un centinaio.

— Che riescano a fare un macello degli onagri?

— Saranno i lupi che avranno la peggio. Cercano di forzare le linee degli asini per gettarsi sui piccoli, ma non riusciranno a nulla. Assisteremo a una bella battaglia. Ehi, macchinista, rallenta e teniamoci ben alti onde non spaventare i combattenti. —

Gli asini, dopo aver fatto parecchie corse, si erano fermati in mezzo a una vasta pianura, dove avevano potuto spiegare i loro battaglioni. Con un insieme ammirabile avevano formato un immenso cerchio: i maschi alla periferia, le femmine e i piccini al centro.

I lupi, che erano più di cento e molto affamati a giudicarli dalla loro spaventosa magrezza, correvano intorno ululando ferocemente, cercando il punto più debole per rompere le linee.

Ogni volta però che s’avvicinavano al circolo, i maschi voltavano il dorso e colle zampe posteriori tiravano calci in tutte le direzioni, con un rapidità sorprendente.

Più d’un lupo, colpito, volteggiava in aria semifracassato