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un supplizio spaventevole 291

borace e un’ora più tardi passava, con velocità fulminea, sulla piccola borgata di Jador, senza nemmeno farsi notare dagli abitanti.

Il Tengri-Nor non era che a poche centinaia di metri.

Il capitano che si rammentava, quantunque un po’ vagamente, dove si trovava quel monastero, diresse lo Sparviero verso la sponda occidentale, seguendone le sinuosità.

Alcuni miseri villaggi apparivano come incrostati alle falde delle nevose montagne e qualche banda di cavalieri tibetani che guidava degli jacks domestici, carichi di mercanzie, si vedeva delinearsi sui sentieri che conducevano nell’interno della regione. Sul lago invece nessuna barca, forse in causa delle furiose ondate che ancora lo percorrevano e che si sfasciavano con furore contro le rocce delle rive.

Lo Sparviero aveva percorso una trentina di miglia, quando il capitano, che si era collocato a prora, scorse, piantata su una rupe, una massiccia costruzione che rassomigliava perfettamente a quella che gli aveva indicato Rokoff pochi momenti prima che la folgore scendesse sul fuso.

Alcuni monaci che si trovavano dinanzi alla spianata che si prolungava verso il lago, avevano già scorto lo Sparviero e si erano gettati in ginocchio, alzando le mani verso gli aeronauti e mandando acute grida.

Dal monastero accorrevano altri monaci e tutti si lasciavano cadere in ginocchio; mentre sulle terrazze echeggiavano strepitosamente gong e tam-tam.

— Signore, — disse il macchinista al capitano. — È quello il convento; mi ricordo di aver veduto quelle torri cinesi.

— Anche a me sembra che sia lo stesso, — rispose il comandante. — Puoi far scendere lo Sparviero su quella piattaforma?

— Sì, signore. —

Le ali avevano cessato di funzionare e l’elica prodiera girava in senso opposto per arrestare lo slancio del fuso. Sorretto solamente dai piani, cominciò a scendere lentamente, adagiandosi proprio dinanzi al monastero.

Un vecchio Lama, riconoscibile per la sua tonaca gialla, usciva in quel momento accompagnato da altri monaci.

Vedendo il capitano scendere dal fuso, gli si era avvicinato dicendogli:

— Finalmente! Sono due giorni che vi attendevo! —

Udendo quelle parole, pronunciate in lingua cinese, il capitano non aveva potuto trattenere un gesto di stupore.