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304 capitolo trentatreesimo


Questo gigante fra i giganti, nasce nel Tibet occidentale, sui fianchi settentrionali dell’Imalaia. Si apre un varco attraverso l’infinito numero di montagne che ingombrano il paese dei Lama, poi con una immensa curva entra nell’India per la valle dell’Assan, raccogliendo sul suo corso oltre cinquanta fiumi tutti navigabili e va a scaricarsi in mare dopo duemila cinquecento e settanta chilometri di percorso.

È più lungo del Gange e ha una massa d’acqua assai maggiore, ma è meno sacro del primo per gl’indiani, quantunque sia chiamato il figlio di Brama.

Nel momento in cui lo Sparviero lo attraversava, numerosi battelli solcavano le acque del fiume, carichi di mercanzie. I battellieri, scorgendo quel mostro che sbatteva le sue immense ali, presi da una irrefrenabile paura, si erano precipitati in acqua, urlando come se fossero diventati pazzi.

— Noi spargiamo il terrore dappertutto, — disse Rokoff. — Vedremo se anche gl’indiani fuggiranno.

— Se ci vedranno, — disse il capitano.

— Viaggeremo di notte?

— Non amo che gl’inglesi mi scorgano.

— Non volete aver rapporti coi popoli civili? — chiese Rokoff, sorpreso.

— Per ora no.

— Eppure avete attraversato l’America.

— E chi mi ha veduto? — chiese il capitano. — Avete mai udito raccontare che una macchina volando sia stata osservata a New-York, o a Nuova Orleans, o a Buffalo, o a San Francisco di California?

— No, mai, signore.

— Eppure io sono passato su tutte quelle città.

— E perchè non volete che i popoli civili ammirino il vostro Sparviero?

— Per ora è un segreto che non vi posso svelare, signor Rokoff. Ah! Che cosa sono questi punti bianchi? Guardate questa strana nube che stiamo attraversando.

Lo Sparviero correva in quel momento sopra le montagne del Giang-tse, le quali s’alzavano in forma d’immensi scaglioni, spingendo le loro cime a tremila e novecento metri.

La gigantesca catena dell’Imalaia non era lontana, quantunque non si scorgessero ancora le vette di quei colossi che separano il Tibet dall’India.