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i condannati 47

a comperare il the a Canton od a Nan-King o in qualche altro luogo. Qui non ci fermeremo nemmeno un’ora dopo...

— Dopo che cosa?

— Che avremo strangolato il maggiordomo. Per le steppe del Don! Quel gaglioffo non vedrà il sole a tramontare domani sera, parola di Rokoff! —

Fedoro non rispose e si accomodò alla meglio per dormire. Ciò era possibile, perchè gli altri condannati, dopo la zuppa somministrata loro dai carcerieri, avevano cessato di urlare.

Rokoff, vedendo il compagno chiudere gli occhi, si allungò quanto glielo consentiva lo spazio e cercò d’imitarlo, sognando già di sentire sotto le mani il collo del maggiordomo di Sing-Sing.

All’indomani, quando riaprirono gli occhi, svegliati dalle urla degli affamati, ai quali la zuppa del giorno innanzi non era stata sufficiente a calmare i lunghissimi digiuni, Fedoro e Rokoff videro la loro gabbia circondata da otto robusti facchini.

Due lunghe aste, un po’ elastiche, erano state passate fra le canne che formavano la parte superiore della piccola prigione, assicurandole con corde.

— Pare che si preparino a portarci via, — disse Rokoff. — Che ci conducano all’Ambasciata rinchiusi qui dentro? Potevano metterci in una portantina, questi spilorci; avrei pagato ben volentieri il nolo. —

Fedoro non aveva risposto. Guardava con viva inquietudine i facchini, chiedendosi dove lo avrebbero portato.

Cercò cogli sguardi il magistrato, ma non era ancora giunto. Invece erano entrati dodici soldati, armati di fucili, guidati da un ufficiale che faceva pompa d’una larga e lunghissima scimitarra.

— Fedoro, — riprese Rokoff — dove vogliono condurci? Domanda a quel comandante perchè non ci mettono subito in libertà, come ci aveva promesso il magistrato. Tu non mi sembri tranquillo.

— È vero, Rokoff; sono preoccupato per l’assenza del magistrato.

— Si sarà ubriacato d’oppio e giungerà più tardi. —

In quel momento l’ufficiale si avvicinò ai facchini, dicendo:

— Andiamo.

— E dove? — chiese Fedoro, mentre la gabbia veniva alzata.

Il comandante del drappello guardò il russo con stupore, inarcando le sopracciglia. Forse era sorpreso di sentirsi interpellare da un prigioniero.