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— Quell’uomo era un inglese! — aveva esclamato l’argentino.
— È impossibile che fosse un selvaggio!
— Quale mistero è questo? — si chiese Cyrillo, il quale non riusciva a rimettersi dallo sbalordimento prodottogli da quel grido inaspettato.
— Un inglese che cercava di assalire la nostra nave!
— Che fosse un naufrago fatto prigioniero dai selvaggi? — disse Ioao, il quale era ridisceso.
— L’hai udito anche tu quel grido? — chiese Cyrillo.
— Sì, fratello.
— Che ci siamo ingannati?
— No, signore, — rispose l’argentino. — L’ho ancora negli orecchi. Help, significa aiuto.
— Che questi isolani abbiano una qualche parola che somiglia all’help degl’inglesi?
— La loro lingua, che io conosco, è troppo diversa per ingannarmi, — disse Sao-King.
— Che abbiamo ucciso qualche povero naufrago? Ah! Non mi consolerò giammai! — esclamò Cyrillo.
— Se fosse stato tale, al mio grido d’allarme avrebbe dovuto rispondere, — disse Sao-King. — L’ho gridato in buon spagnolo e non già in chinese.
— Cerchiamo quell’uomo, — disse l’argentino. — Vi è qui sotto un mistero che mi turba.
— Quale? — chiesero Cyrillo e Ioao. —
— Vi dirò più tardi quali sono i miei timori.
Cyrillo gli si avvicinò accostandogli le labbra ad un orecchio, in modo che gli altri non potessero udirlo.
— Sospettate che sia uno dei marinai dell’avvelenatore, è vero? — gli disse.
— Sì, — rispose l’argentino. — Silenzio ora e cerchiamo di ripescare quell’uomo. —
CAPITOLO XII.
Il mistero continua.
Lasciato Ioao a guardia del cassero e del cannone che era stato girato verso la spiaggia di Vavau, in modo da spazzare lo specchio d’acqua, l’argentino, Cyrillo e Sao-King, armatisi di moschetti, si erano slanciati sul castello di prora, curvandosi sulla murata.
Le acque erano ancora agitate dal corpo che si era inabissato, però non si scorgeva alcuno a nuotare nei dintorni della nave, nè alcuna scialuppa.
Solamente a poche braccia dal tribordo, parve a loro di discer-