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46 | emilio salgari |
— E vorrei fare qualche cosa per te — aggiunse.
— Tu parli di me e dovresti pensare a te — disse la giovanetta.
— Perchè?
— Hai dimenticato che degli uomini ti cercano?
— Mi dissero che la stanza di una donna è inviolabile.
— È vero, ma qui tutti paventano l’ira del padrone e sarebbero capaci di entrare in questa stanza, se avessero il sospetto che un uomo vi si è nascosto.
— Ebbene, mi difenderò.
— Ma essi sono molti e tu sei solo.
— Ho il mio kandjar.
— Ed essi ne hanno molti. Ma non temere, io ti salverò, dovessi sfidare l’ira del principe.
— Non lo permetterò mai — disse Nadir con fermezza. — Morrò, ma comprometterti... mai!
— Sei leale e prode. Aveva creduto d’aver dinanzi a me un bandito, ma mi accorgo d’essermi ingannata. Il tuo nome?
— Nadir.
— Da dove vieni?
— Dal Demavend.
— Ah! Sei montanaro.
— Sì, sono cacciatore di montagna.
— Eppure hai le vesti di un principe.
— Ho un castello su quelle balze.
— Perchè sei disceso?
— Avevo un compagno da salvare.
Ella fece un gesto di sorpresa.
— Sei tu adunque che strappasti l’uomo che dovevano uccidere sulla piazza di Meidam?
— Sì.
— Dunque tu non sei solamente leale e prode, sei anche buono.
— Il Re della Montagna non poteva lasciare un fratello in pericolo.
— Sei tu che porti questo titolo?
— Sì.
— I montanari hanno avuto ragione di dartelo. Tu lo meritavi.
Un nuovo breve silenzio regnò nella stanza, poi la persiana, avvicinandosi a Nadir, gli chiese:
— Hai padre tu?