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94 emilio salgari

alla cintura da un vecchio scialle di Kerman, nelle cui pieghe era infisso un kard (specie di coltello), gli stava dinanzi fissandolo con profonda attenzione e tenendosi un dito sulle labbra come per invitarlo a tacere.

— Chi sei? — gli chiese invece Nadir, mentre Fathima si serrava al suo fianco.

— Seguimi, Re della Montagna — rispose quell’uomo.

Poi, senza attendere altra domanda, respinse bruscamente le persone che gli chiudevano il passo, urtando colle robuste spalle quelle che si pigiavano addosso a lui, e si fece largo, cercando di raggiungere un’estremità della vasta piazza, che era quasi deserta.

Nadir, quantunque assai inquieto, gli si era messo dietro traendo seco la giovinetta e si studiava di indovinare, dalle mosse, chi poteva essere quello sconosciuto. Quel titolo però di Re della Montagna, che soli i montanari del Demavend conoscevano, datogli da quell’uomo, lo rassicurava.

— Che sia un amico? — gli chiese Fathima.

— Lo spero — rispose Nadir. — Qui nessuno conosce nè il mio nome nè il mio titolo.

— Che sia un montanaro?

— Lo credo, Fathima.

— O un traditore? Ho paura, Nadir.

— Se è un traditore si pentirà. Si dirige laggiù, verso quell’angolo deserto della piazza e mi sarà facile spacciarlo, se vorrà impadronirsi di me.

Intanto lo sconosciuto continuava a farsi largo raddoppiando le spinte ed i colpi di spalla, come se avesse fretta di trovarsi fuori da quella folla, e raggiunse l’angolo oscuro d’un porticato, arrestandosi dietro ad una colonna. Nadir e Fathima in pochi istanti furono presso di lui.

— Chi sei? — chiese il giovane montanaro.

— Il Re della Montagna non mi conosce più, adunque? — chiese lo sconosciuto, levandosi il turbante e mostrando il volto.

— Harum! — esclamò Nadir, al colmo dello stupore. — Tu qui!

— Sì, Re della Montagna, sono io.

— Ma sei pazzo!...

— Il turbante mi rende irriconoscibile, Nadir.