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Il regno degli Ascianti 119

— Questo colpo di fucile non deve essere stato sparato che ad un paio di chilometri da noi, Alfredo.

— Antao, vuoi seguirmi?

— Se si tratta di prendere uno di quei furfanti, sono pronto a seguirti fino nella capitale degli Ascianti.

— Vieni, Antao, ma non commettere delle imprudenze. —

I due cacciatori lasciarono il loro nascondiglio e quantunque la notte cominciasse a calare, si misero rapidamente in cammino, seguendo il corso d’acqua, la cui riva permetteva di avanzarsi più comodamente che sotto i boschi.

Avevano percorso appena un chilometro procedendo sempre verso l’ovest, quando udirono una terza detonazione e poco dopo una quarta, ma così vicine, da far sospettare che il cacciatore si trovasse ad un solo miglio di distanza.

— Che laggiù si combatta? — chiese Antao. — Mi sembra impossibile che quel cacciatore trovi tanta selvaggina, mentre qui non vi è nemmeno uno sciacallo da abbattere.

— Se combattessero si udrebbero delle grida, — rispose Alfredo.

— Ma mi sembra di udire dei fragori, Alfredo.

— Dove?...

— Vengono dall’ovest... Zitto, ascolta!... —

Il cacciatore si fermò e si curvò verso terra, tendendo gli orecchi e gli parve di udire realmente come un lontano muggito, somigliante all’irrompere di una fiumana o all’avanzarsi fragoroso di parecchi squadroni di cavalleria o di parecchie batterie d’artiglieria.

— È vero, — mormorò, con una certa inquietudine.

— Cosa credi?... — chiese Antao.

— Non lo so, ma si direbbe che una truppa d’animali colossali galoppa attraverso la foresta.

— Ma quali animali potrebbero produrre tale fragore? Delle antilopi o dei leoni no di certo.

— Gli elefanti, Antao.

— Morte di Nettuno!.. Una banda di elefanti?...

— Sono ancora numerosi in questi paraggi. Vuoi un consiglio?

— Parla, Alfredo.

— Arrampichiamoci su di un albero ben alto e robusto.

— E se invece tornassimo al campo per mettere in guardia i nostri uomini?