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180 capitolo ventiquattresimo

vaci colori e armati di carabine, compresa l’amazzone che doveva assumere le importanti funzioni d’interprete, potendo passare per un bel giovinotto del Borgu e di porta-parasoli, essendosi Alfredo provvisto anche di due ombrelli rossi adorni di frange, distintivo dei personaggi di sangue nobile e reale.


Capitolo XXV

La Città Santa del Dahomey


Alle 4 del pomeriggio, la carovana si metteva in marcia verso il nord-est, direzione che doveva condurla nella borgata di Toune e quindi nella città santa del Dahomey.

La traversata dell’ultimo tratto della grande boscaglia, si effettuò senza incidenti e prima che il sole declinasse, giungeva sul margine della grande pianura la quale si estendeva a perdita d’occhio verso il nord e verso l’est, coperta da un’erba assai fitta, alta da un metro a due, ma già mezza disseccata dagli implacabili raggi dell’astro diurno.

Guardando verso il nord-est, Alfredo ed Antao scorsero distintamente una serie di altipiani che s’innalzavano in grandi scaglioni o piattaforme immense, cosparsi di gruppi di punti biancastri indicanti attruppamenti di capanne. Sui fianchi di quelle alture dovevano esservi numerosi villaggi.

Anche nella pianura si vedevano sorgere fra le alte erbe, le punte aguzze di molti casolari, ma pareva fossero disabitati, poichè nessuna colonna di fumo si vedeva innalzarsi, quantunque fosse l’ora del pasto serale.

— È la guerra che qui ferve quasi sempre, che ha scacciati i proprietari, — disse Alfredo. — Triste paese questo, condannato a diventare un cimitero immenso, se le nazioni civili non imporranno a questi re sanguinari di abolire le orrende feste dei costumi.

— Credi che le bande del Dahomey abbiano fatto delle scorrerie su queste terre?...

— Lo temo, Antao. Quando non riescono a sorprendere le popolazioni dei regni vicini ed a raccogliere schiavi pei sacrifici,