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202 Capitolo ventisettesimo

— Che lusso!... — esclamò Antao, che aveva fatto aprire i canestri. Oggi abbiamo anche del montone, del capretto e del tabacco. Lasceremo il canalu ai negri, ma attaccheremo questa carne tenera e deliziosa che sembra arrostita a puntino. Cosa ne dici, Alfredo?...

— Dico che tu cominci a diventare un ghiottone, Antao, — rispose il cacciatore.

— Pensa, amico, che durante la nostra lunga marcia non abbiamo mangiato che del pesce secco e del biscotto.

— E la tromba d’elefante, ed i pappagalli, e le scimmie?...

Briccone! Il profumo di questo quarto di montone arrostito ti atrofizza la memoria.

— Può essere, — rispose il portoghese con aria grave, accomodandosi davanti ad una cesta. — Orsù, attacchiamo!... —

Mentre i due dahomeni assalivano ingordamente il canalu, i due bianchi e Urada misero a sacco le ceste, facendo onore al montone, alle atrapas, ed alle frutta che innaffiarono con alcuni sorsi di ginepro.

Durante la giornata i due ambasciatori, o meglio Alfredo poichè Antao doveva fingersi muto dinanzi ai dahomeni in causa dei suoi pianeti diventati eccessivamente pericolosi in quel regno, ricevette la visita di parecchi dignitari, di cabeceri e di moce ossia di funzionari del re, i quali non miravano altro che a spillare cortesemente regali ai supposti principi del Borgu e possibilmente a vuotare le loro casse. Portavano in regalo qualche bottiglia di ginepro o di rhum imbevibile o qualche capretto, ma se ne tornavano con dei bei fazzoletti di seta rossa, o con delle cartucciere, o con dei braccialetti di rame dorato.

Fortunatamente le casse di Alfredo contenevano una grande quantità di quegli oggetti, ma doveva pensare anche ai capi, ai cabeceri, ai moce, ai corrieri reali di Abomey e più d’uno lo rimandava colla sua bottiglia, fingendo di non comprendere o facendo dire dai suoi uomini che dormiva o che stava pranzando.

Alla mezzanotte il padre di Urada, come aveva promesso, fece ritorno all’apatam. Recava la notizia che il corriere del cabecero era partito per la capitale, onde avvertire Geletè dell’arrivo dell’ambasciata.

— Sono contento di questa notizia, ma sono anche inquieto, — disse Alfredo.