Pagina:Salgari - La Sovrana del Campo d'Oro.djvu/260

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— Che si trova qui nel Gran Cañon? — chiese Harris.

— Nel Marble Cañon, ingegnere, — rispose il minatore. — Era ricchissima: v’erano numerosi filoni auriferi, che fruttavano assai, e sarei diventato ben presto milionario senza quell’uomo.

— E’ stato lui a rovinarvi?

— Sì, ingegnere. Quel miserabile sobillava i miei operai, perchè mi si ribellassero e s’impadronissero della miniera. Accortomi dei suoi delittuosi tentativi, lo scacciai, dopo averlo frustato in viso. Se ne andò, giurando di vendicarsi, e mantenne la parola. Si era alleato coi Navajoes ed un giorno lo vedemmo riapparire alla testa di due o trecento indiani.

Invano tentammo di resistere all’invasione. Gran parte dei minatori fuggì, altri furono uccisi e scotennati sotto i miei occhi, ed io venni fatto prigioniero. La miniera fu inondata, facendo saltare con alcune cartucce di dinamite una cateratta che muoveva i piloni per lo stritolamento dei quarzi auriferi.

— E vi condusse poi qui? — chiese Harris.

— Sì, ingegnere. Quel brigante, non contento d’essersi impadronito della cassa della miniera che conteneva circa seicentomila dollari in pepite e polvere d’oro, esigeva ancora una forte somma per lasciarmi libero.

— Signor Clayfert, — disse Blunt. — Io spero che se usciremo da questo inferno, non lascerete invendicati i vostri minatori.

Un lampo terribile balenò nelle pupille del vecchio.

— O Will Roook ucciderà Clayfert od io lui, — disse con accento d’odio. — L’ho giurato sul capo di mia figlia e manterrò la promessa. Non usciremo entrambi vivi dal Gran Cañon. Ed ora, miei giovani amici, al lavoro per riacquistare la nostra libertà.

— Io demolirò la frana e voi trasporterete le macerie, — disse Harris. — Devo assicurarmi, coi miei occhi, della resistenza e dello stato della volta.

Il giovane afferrò la rotaia, di cui si era fino allora servito il vecchio, e assalì energicamente la frana, mentre i suoi due compagni asportavano i massi di carbone e di roccia, sgretolati dal ferro.

Per due ore l’ingegnere lavorò febbrilmente, poi lo sostituì Blunt, cui il vecchio minatore diede in seguito il cambio.

Poichè quei massi erano uniti a detriti carboniferi, lo sgombero della galleria procedeva rapidissimo. Una speranza poi animava i lavoratori: quella di giungere facilmente dall’altra parte.

I colpi che essi vibravano contro la frana echeggiavano sempre più sonori, indizio sicuro che l’ostacolo non doveva avere un grande spessore. Infatti, dopo otto ore di lavoro ininterrotto ed accanito, senza che si verificassero nuove frane, i tre californiani videro abbattersi la parete e si sentirono investire da una forte corrente d’aria.