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LA SOVRANA DEL CAMPO D'ORO 33


— Che ero caduta in rovina, vero?

— Non vi dico il contrario.

— Ed hanno avuto ragione. In quarantotto ore io mi sono trovata, non dirò senza mezzi, ma certo in gravi imbarazzi.

— Eppure mi hanno raccontato, quand’io ero al Colorado, che vostro padre era possessore di una miniera d’oro che redeva enormemente.

— Era vero, — rispose la giovane, con un sospiro. — Quella miniera fruttava non meno di duecentomila dollari all’anno e chissà quanto avrebbe dato ancora, se l’odio d’un uomo non ci avesse rovinati.

— Uditemi, signor Harris, — disse Annie, dopo un breve silenzio. — Da sei anni mio padre era divenuto proprietario di una miniera, da lui scoperta in fondo a quell’immenso abisso chiamato il Gran Cañon, che voi certo conoscete.

— Sì, miss, l’ho percorso in gran parte, — disse Harris.

— Minatori erano accorsi in gran numero da tutte le parti, offrendo i loro servigi a mio padre, il quale ne aveva arruolati più di duecento.

Fra di loro vi era un uomo che si chiamava Will Roock, un gigante, venuto non si sa da dove, il quale, per la sua forza straordinaria e anche per la sua abilità, godeva molta rinomanza fra i suoi compagni di lavoro, tanto che obbedivano forse più a lui che a mio padre. Poichè era veramente un uomo prezioso per quel duro mestiere, era stato innalzato al grado di capo minatore e nessuno aveva avuto di che lagnarsi di quel rapido avanzamento.

Disgraziatamente, un brutto giorno Roock, che doveva maturare dei sinistri progetti, si ribellò all’autorità di mio padre, pretendendo una forte percentuale sulla rendita della miniera.

Comprendendo d’aver a che fare con un uomo pericoloso, che esercitava una grande influenza sui suoi compagni, mio padre lo cacciò dalla miniera, minacciando di ucciderlo se fosse ritornato.

Roock se ne andò senza pronunziare sillaba, ma, tre mesi dopo, una vera ribellione scoppiava nel campo. I minatori, sobillati da quel miserabile, che aveva giurato in cuor suo di vendicarsi, massacrarono i guardiani e gl’ingegneri, s’impadronirono delle riserve d’oro, senza vergogna, fecero saltare con la dinamite le abitazioni ed i forni, inondarono la miniera e condussero via mio padre. L’assalto fu così improvviso, da rendere impossibile l’organizzazione della minima resistenza.

— Infami!... — gridò l’ingegnere, pallido d’ira. — E che cosa fecero di vostro padre?

— Lo tengono ancora prigioniero, — rispose miss Annie, con voce rotta, — ed esigono per la sua libertà l’enorme somma di cin-