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60 E. SALGARI


— Vi è ora qualcuno che desideri misurarsi anche con me, prima che me ne vada?

Nessuno rispose.

— Allora, signori, buona notte.

Simone gettò sulla tavola una manciata di dollari, augurò a tutti la buona sera, e uscì, preceduto dal vaquero e seguito dai suoi quattro negri, senza che alcuno osasse trattenerli.

— Sbrighiamoci, — disse al messicano, quando furono fuori. — Temo di aver perduto già troppo tempo.

— La stazione di Rogers non è lontana, señor, — rispose il vaquero. — E poi i nostri mustani galoppano a meraviglia. A proposito, i miei complimenti per quei due pugni. Tom ne avrà per un bel pezzo.

— Chi è quell’uomo?

— Un minatore prepotente, che è geloso del timore che io spargo intorno a me.

— Vi ha chiamato salteador.

Josè alzò le spalle.

— Faccio i miei affari quando mi si presenta l’occasione, — disse poi. — Bisogna ben vivere, señor. Ecco il rancho.

Erano giunti dinanzi ad un immenso recinto, formato da pali piuttosto alti, che era guardato da una mezza dozzina di vaqueros armati di carabine.

— Vi sono dei cavalli lì dentro? — chiese Simone.

— Cinquecento, che appartengono ad un ranchman di Sinora, — rispose il messicano. — Volete aspettarmi qui? Vado a scegliere i miei uomini.

— Fate presto.

— Due soli minuti.

— E che i cavalli siano solidi.

— So quali sono i migliori.

Entrò nel rancho e, qualche minuto dopo, usciva accompagnato da dieci uomini d’aspetto poco rassicurante, con enormi sombreros e calzoni di velluto adorni ai lati di bottoni dorati. Avevano tutti il serapè avvolto intorno al corpo, e portavano la carabina ad armacollo.

Sedici cavalli di prateria, bellissimi animali, di statura piuttosto bassa, con lunghe criniere e lunghe code, bardati alla messicana con selle ampie e alte, e le staffe; assai larghe, di ferro, erano pronti.

— Sanno cavalcare i vostri uomini, señor? — chiese Josè a Simone.

— Tutti, — rispose il Re dei Granchi.

— Allora, in sella.