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Le coste della Lapponia 117


– Una piccola nave russa che i ghiacci avevano bloccata alla foce del Woronje.

– Tanta audacia?...

– Sì, signor Stökken.

– E come andò a finire?

– Adagio: è una vera storia, in parte ridicola, ma in parte anche tragica.

– Raccontate, signor Evensen. I racconti avventurosi mi piacciono.

– Non avete che da ascoltarmi.

– Sono tutto orecchi.

– Ed anch’io, – disse il tenente Querini, che era allora salito sul ponte a respirare una boccata d’aria pura.

– Dovete dunque sapere, – cominciò il capitano Evensen, – che nel 1894, la stagione fredda era stata così precoce da rendere assai periglioso il ritorno delle navi partite per la pesca delle balene e per la caccia delle foche e dei trichechi.

Immensi banchi di ghiaccio, trascinati dalle correnti siberiane o spinti direttamente dai gelidi venti del settentrione, erano scesi verso il sud, bloccando buona parte delle coste della Lapponia.

Un piccolo bastimento russo, la Marfa, se non m’inganno, che faceva il traffico di cabotaggio fra le coste settentrionali della Norvegia ed Arcangelo, era stato sorpreso dai ghiacci in prossimità della piccola borgatella di Gawriloka, quasi alla foce del Woronje.

Il fiume s’era repentinamente gelato e dalla parte del mare grandi banchi di ghiaccio e numerosi ice-bergs si erano accumulati verso la costa, rendendo impossibile la navigazione.

La piccola nave, che era montata da sette uomini, dopo inutili tentativi aveva dovuto rassegnarsi alla sua sorte e fare i preparativi di svernamento.

Il settembre era già giunto e la nave, che aveva tardato un poco troppo negli scali del mar Bianco, si credeva ormai condannata ad attendere la buona stagione per forzare il passo del fiume. Il danno non era forse grave, poiché Gawriloka non si trovava che a due chilometri e colà i marinai potevano trovare non solo viveri in abbondanza, ma anche comode e ben riscaldate abitazioni.