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Manovre misteriose 9

Già l’Yucatan — tale era il nome del legno — aveva superata vittoriosamente la linea dei frangenti e si disponeva a virare al largo, quando si udì la voce della capitana a comandare precipitosamente.

— Macchina indietro!...

La velocità scemò quasi di colpo, mentre le eliche turbinavano furiosamente in senso inverso, mordendo le acque.

— Cosa succede, donna Dolores? — chiese Cordoba, uscendo dall’oscurità e comparendo a poppa.

— Guarda lassù.

— Verso la costa?...

— Sì, Cordoba.

— Un lume?...

— Un falò che brucia su quella roccia.

Il lupo di mare aveva alzati gli occhi verso la costa ed aveva veduto brillare, nella cupa notte, un punto luminoso che a poco a poco ingigantiva.

— Sì, lo vedo — mormorò. — È un segnale.

— Annunzia al Terror che noi siamo usciti da Sisal, è vero, Cordoba?...

— Lo temo.

— Vedi nulla al largo?

— Tutto è oscuro.

— Che il Terror abbia spenti i suoi fanali?

— È probabile.

— Allora può esserci vicino.

— Sì, però noi siamo così piccini!...

— Se ci scopre ci manderà uno dei suoi grossi proiettili, Cordoba.

— L’acqua s’incaricherà di allargare il celluloide.

— Allora si vada. Sono ai pezzi gli artiglieri?...

— Sì, donna Dolores.

— Credi che sia ora di affondare?...

— Aspettiamo ancora.

— Temo per le cartucce: una palla può farle scoppiare e mandare all’aria l’Yucatan e tutti noi.

— Fa molto oscuro e poi si dice che gli yankee non sono troppo abili cannonieri.

— Avanti adunque!... Macchinista!... A venticinque nodi!...

Aveva appena dato quel comando, allorché si vide, sul fosco e nebbioso orizzonte, brillare un fascio di luce, il quale si distendeva rapidamente sul mare, facendo scintillare le onde per un tratto immenso.

Quella luce bianca, a riflessi leggermente azzurri, pareva che sorgesse dal mare; doveva però essere prodotta da un poderoso fanale elettrico situato sul ponte o sull’alberatura di qualche nave trovantesi al largo.