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Sull'Atlantico 145


La violenza dei cavalloni intanto aumentava. Arrivavano uno dopo l’altro, con muggiti assordanti, salendo fino sul castello di prora della baleniera che inondavano, minacciando di travolgere i due marinai che scandagliavano senza posa la profondità delle acque.

A destra ed a manca si udivano rompersi contro le rive e contro le scogliere, con detonazioni così violenti che talvolta non si potevano udire più i comandi di Piotre.

La nebbia, lacerata dai williwans, turbinava sopra la nave e in qualche momento l’avvolgeva in modo tale, che gli uomini di poppa non riuscivano più a scorgere quelli di prora.

In mezzo a quei vapori venivano pure travolti gran numero di uccelli marini che cercavano di fuggire sulla terra magellanica. Passavano a ondate, mandando grida rauche di terrore e non pochi, urtando contro l’alberatura che non riuscivano ad evitare, cadevano sulla tolda morti o feriti.

Ad un tratto fra quei fragori e quei ruggiti assordanti, la voce di Piotre si fece udire.

— Pronti a virare! Entriamo nello stretto! Attenti alla risacca, gli uomini di prora! Bordate! —

La Quiqua, obbedendo all’azione del timone e delle vele, aveva piegato bruscamente verso tribordo. Aveva lasciata la baia ed entrava nuovamente nello stretto, fuggendo verso l’est.

Le acque, rinchiuse fra le alte sponde della Patagonia e della Terra del Fuoco e sollevate dai williwans, erano agitatissime.

I cavalloni, non trovando sfogo e non riuscendo ad aprirsi un passaggio, si ritorcevano e, cozzando contro quelli che stavano per giungere, alzavano tali ondate che certe volte tutta la coperta della baleniera ne veniva spazzata.

     10. Salgari — La Stella dell'Araucania.