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Il tradimento 207

a loro. Dotati d’un meraviglioso istinto, aiutano i selvaggi, non solo alla caccia, ma soprattutto alla pesca, essendo il pesce abbondantissimo in tutte le baie e nei seni della Terra del Fuoco. I cani si gettano in acqua e, con una serie di manovre abilissime, spingono i pesci verso la spiaggia, dove i loro padroni, che non conoscono l’uso delle reti, li uccidono a colpi di bastone o di freccie o di giavellotti.

Non occorre dire che in quelle pesche i cani non hanno molto da guadagnare; i loro padroni non pensano a lasciare a quei poveri animali nemmeno le pinne e neanche le interiora. Per buona sorte sanno pescare anche per loro conto, senza l’aiuto dell’uomo, avendo l’intuito delle lontre e delle foche e si vedono errare sempre sulle spiaggie, divorando le stelle di mare, che le onde respingono, od i ricci che in quelle regioni sono d’una grossezza mostruosa, due e anche tre volte più degli aranci e pieni come meloni, ed in mancanza d’altro, si pascono d’una erba amara che cresce in abbondanza sugli scogli.

I pescatori avevano già fatto delle buone pesche. Ricci, dorate, merluzzi australi e delle fistrolarie dalla pelle rosso bruna e delle alciop dagli occhi enormi, giacevano sulla spiaggia, trafitti da freccie o da colpi di lancia. Vedendo comparire quel drappello d’uomini bianchi, i selvaggi avevano subito raggiunta la riva, afferrando le loro lancie dalla punta d’osso e mettendosi sulla difensiva. Ad un segno dello stregone avevano abbassate le armi, senza abbandonarle. Erano tutti di statura alta, completamente nudi, non ostante il vento freddissimo che soffiava ed avevano il volto e parte del petto dipinto in bianco ed in nero a righe ed a macchie, ed i capelli tinti di rosso e raccolti intorno ad una mandibola di delfino che serviva loro anche per pettinarsi.

— Vi è il cacciatore di guanachi fra di loro? — chiese Piotre allo stregone.