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Il tradimento 219

più che udiva dietro di sè le urla dei selvaggi slanciatisi sulle sue traccie.

— Tenetevi stretta al mio collo, Mariquita! — gridò. — Li faremo correre!

— E papà Pardoe? — chiese le giovane.

— Odo le grida dei nostri allontanarsi ed i loro spari diventare più fiochi. Scendono verso la spiaggia dal versante opposto. Li ritroveremo alla scialuppa.

— C’inseguono?

— Sì, vedo delle ombre agitarsi fra la nebbia. Sono ancora cariche le vostre pistole?

— Non le ho ancora sparate.

— Se guadagnano su di noi, fate fuoco. Io penso a correre. Tenetevi stretta e non temete! Ho le gambe solide. —

Il baleniere diceva il vero. Abituato alle lunghe corse attraverso la pampa per sfuggire agl’inseguimenti dei Tuel-Ke, correva colla rapidità d’un guanaco, procurando di non cadere, cosa facilissima a succedere su quel terreno accidentato, ingombro di sterpi e formato da alberi caduti e putrefatti e da muschi in dissoluzione.

Aveva ben da fare a mantenersi ritto su quel suolo falso e ad evitare i molteplici ostacoli che gli si paravano dinanzi, e spesso vacillava e sprofondava bruscamente in vecchi tronchi, caduti per vecchiaia e che quantunque già passati allo stato di terriccio conservavano le loro forme sotto un falso involucro di muschi e di licheni.

Però, se era forte come un toro, il baleniere possedeva anche un’agilità straordinaria che gli permetteva di balzare sopra quei tronchi che il suo occhio scopriva subito e di varcare i cespugli che crescevano rigogliosi, succhiando un sovrabbondante alimento.

Le urla dei selvaggi si udivano sempre e qualche freccia fischiava ai suoi orecchi, facendogli accelerare sempre più