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158 capitolo decimosettimo.


Per alcuni istanti l’albero rimase sospeso, appoggiato alla coperta del legno, poi i paterazzi e le sartìe si spezzarono rimbalzando e precipitò in mare sollevando una larga ondata.

— Ecco uno stuzzicadenti andato, — gridò l’allampanato Mac Bjorn. — Un altro che lo segua, e siamo fritti!...

— Taci là, uccello del malaugurio! — esclamò Asthor.

— È finita, — disse Anna, rabbrividendo. — Povero padre mio!...

— Sì, è propria finita, — rispose il capitano Hill con voce sorda. — Non ci rimane che di salvarci nelle imbarcazioni; prima di partire, andiamo a vedere i progressi dell’incendio, Asthor.

— Andiamo a vedere, signore, — riprese questi.

S’avanzarono attraverso il fumo e alle scintille che avvolgevano interamente la nave e si spinsero fino al boccaporto di maestra, mentre l’equipaggio, quantunque stremato di forze, riprendeva la faticosa manovra.

La fiamma vorace, quasi fosse soddisfatta di aver abbattuto il grande albero, si era abbassata, ma lavorava con tutta lena a distruggere il castello di prua. Sotto il ponte però si sentivano ardere i legnami e precipitare i puntelli del frapponte, e la stiva era illuminata da una estremità all’altra dal riflesso delle vampe.

Il capitano e Asthor scesero dal boccaporto di maestra, si calarono nel frapponte e si spinsero verso prua. L’incendio avvampava sempre, ed ora cominciava a intaccare la sottocoperta minacciando di farla crollare sotto i piedi dell’equipaggio.

— Tutto è inutile! — esclamò il capitano. — Per la Nuova Georgia è finita.

— Lo vedo, — rispose il pilota crollando tristamente il capo. — Ma... da dove viene questo fumo?

— Dell’altro fumo?