Pagina:Sannazaro - Arcadia, 1806.djvu/118

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come. Ogni fiata, che tra le mani, siccome spesso addiviene, alcuna di quelle ne capitava, noi subitamente n’andavamo in qualche aperta pianura, e quivi per le estreme punte delle ali la legavamo resupina in terra, nè più nè meno come se i corsi delle stelle avesse avuto a contemplare; la quale non prima si sentiva così legata, che con stridenti voci gridava, e palpitava sì forte, che tulle le convicine cornici faceva intorno a se radunare: delle quali alcuna forse più de’ mali della compagna pietosa, che de’ noi avveduta, si lasciava alle volle di botto in quella parte calare per ajotaria, e spesso per ben fare ricevea mal guiderdone; conciossiacosachè non sì tosto vi era giunta, che da quella, che ’l soccorso aspettava, siccome da desiderosa di scampare, subito con le uncinute unghie abbracciata e ristretta non fosse; per maniera che forse volentieri avrebbe voluto, se potuto avesse, svilupparsi da’ suoi artigli: ma ciò era niente; perocchè quella la si stringeva, e riteneva sì forte, che non la lasciava punto da se partire; onde avresti in quel punto veduto nascere una nuova pugna; questa cercando di fuggire, quella di ajutarsi; l’una e l’altra egualmente più della propria, che dell’altrui salute sollicita, procacciarsi il suo scampo. Per la qual cosa noi, che in occulta parte dimoravamo, dopo lunga festa sovra di ciò presa, vi andavamo a spiccarle, e, racquetalo alquanto il romore, ne riponevamo all’usato luogo, da capo attendendo, che alcuna altra venisse con simile atto a raddoppiarne lo avuto piacere. Or che vi dirò io della cauta grue? certo non le valeva, tenendo in pugno la pie-