Pagina:Sannazaro - Arcadia, 1806.djvu/218

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minare, voglio che ora veda da che principio nascano. Quello, che corre sì lontano di qui, è il freddo Tanai; quell’altro è il gran Danubio; questo è il famoso Meandro; questo altro è il vecchio Peneo: vedi Caistro: vedi Acheloo: vedi il beato Eurota, a cui tante volle fu lecito ascoltare il cantante Apollo. E perchè so che tu desideri vedere i tuoi, i quali per avventura ti son più vicini, che tu non avvisi; sappi che quello, a cui tutti gli altri fanno tanto onore, è il trionfale Tevere, il quale non come gli altri è coronato di salci, o di canne, ma di verdissimi lauri, per le continue vittorie de’ suoi figliuoli: gli altri duo, che più propinqui gli stanno, sono Liri, e Vulturno, i quali per li fertili Regni de’ tuoi antichi avoli felicemente discorrono. Queste parole nell’animo mio destaro un sì fatto desiderio, che non possendo più tenere il silenzio, così dissi: O fidata mia scorta, o bellissima Ninfa, se fra tanti e sì gran fiumi il mio picciolo Sebeto può avere nome alcuno, io ti prego che tu mel mostri. Ben lo vedrai tu, disse ella, quando gli sarai più vicino: che adesso per la sua bassezza non potresti; e volendo non so che altra cosa dire, si tacque. Per tutto ciò i passi nostri non si allentarono, ma continuando il cammino, andavamo per quel gran vacuo: il quale alcuna volta si ristringea in angustissime vie; alcuna altra si diffondea in aperte e targhe pianure: e dove monti, e dove valli trovavamo, non altrimenti che qui sovra la terra essere vedemo. Maraviglierestiti tu, disse la Ninfa, se io ti dicessi, che sovra la testa tua ora sta il mare? e che per qui lo innamorato Alfeo, senza