Pagina:Sannazaro - Arcadia, 1806.djvu/219

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mescolarsi con quello, per occulta via ne va a trovare i soavi abbracciamenti della Siciliana Aretusa? Così dicendo cominciammo da lunge a scoprire un gran foco, ed a sentire un puzzo di solfo. Di che vedendo ella che io stava maravigliato, mi disse: Le pene de’ fulminati Giganti, che vollero assalire il cielo, son di questo cagione; i quali oppressi da gravissime montagne spirano ancora il celeste foco, con che furono consumati: onde avviene, che siccome in altre parti le caverne abbondano di liquide acque, in queste ardono sempre di vive fiamme; e se non che io temo che forse troppo spavento prenderesti, io ti farei vedere il superbo Encelado, disteso sotto la gran Trinacria, eruttar foco per le rotture di Mongibello; e similmente l’ardente fucina di Vulcano, ove gl’ignudi Ciclopi sovra le sonanti ancudini battono i tuoni a Giove; ed appresso poi sotto la famosa Enaria, la quale voi mortali chiamate Ischia, ti mostrerei il furioso Tifeo, dal quale le estuanti acque di Baja, e i vostri monti del solfo prendono il lor calore: così ancora sotto il gran Vesevo ti farei sentire li spaventevoli muggiti del gigante Alcioneo; benchè questi, credo, li sentirai quando ne avvicineremo al tuo Sebeto. Tempo ben fu, che con lor danno tutti i finitimi li sentirono, quando con tempestose fiamme, e con cenere coperse i circonstanti paesi, siccome ancora i sassi liquefatti ed arsi testificano chiaramente a chi il vede; sotto ai quali chi sarà mai, che creda che e popoli, e ville, e citta nobilissime siano sepolte? come veramente vi sono non solo quelle, che dalle arse pomici, e dalla ruina del monte