Pagina:Sarpi, Paolo – Istoria del Concilio tridentino, Vol. I, 1935 – BEIC 1916022.djvu/107

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libro primo - capitolo iv 101


ruina dello stato, esser grato alla Maestá divina che sia permesso; né esser maggior l’obbligo di punir gli eretici che li fornicatori; quali se si permettono per pubblica quiete, non esser maggior inconveniente se si permetteranno quelli che non tengono tutte le nostre opinioni. E quantunque non sia facile allegare esempio de principi che abbiano ciò fatto da ottocento anni in qua, chi risguarderá però li tempi inanzi, lo vederá fatto da tutti e lodevolmente, quando la necessitá ha costretto. Se Carlo, dopo aver tentato per undici anni di rimediare alle dissensioni della religione con ogni mezzo, non ha potuto ottenerlo, chi potrá riprenderlo che, per esperimentare anco quello che si può far col concilio, abbia tra tanto stabilita la pace in Germania, per non vederla andar in rovina? Non saper governar un prencipato altri che il proprio prencipe, il qual solo vede tutte le necessitá. Distruggerá sempre lo stato suo qualunque lo governerá risguardando gl’interessi d’altri: tanto riuscirebbe male il governar la Germania secondo che li romani desiderano, come governar Roma a gusto de’ tedeschi.

A nessuno che leggerá questo successo doverá esser maraviglia se questi e molti altri discorsi passavano per mente degli uomini, essendo cosa che a tutti tocca nell’interno; poiché si tratta se ciascuna delle regioni cristiane debbino esser governate come il loro bisogno e utilitá ricercano, o se siano serve di una sola cittá, per mantener le comoditá della quale debbino le altre spendere se stesse, ed anco desolarsi. Li tempi seguenti hanno dato e daranno in perpetuo documenti che la risoluzione dell’imperatore fu conforme a tutte le leggi divine ed umane. Il pontefice, che di questo ne fu piú di tutti turbato, come quello che di governar di stato era intendentissimo, vidde bene di non avere ragione di querelarsi, ma insieme anco concluse che gli interessi suoi non potevano convenire con quei dell’imperatore; e però nell’animo s’alienò totalmente da lui.

Scacciato il Turco dall’Austria, Cesare passò in Italia, e

in Bologna venne in colloquio col pontefice, dove trattarono