Pagina:Sarpi, Paolo – Istoria del Concilio tridentino, Vol. I, 1935 – BEIC 1916022.djvu/163

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libro primo - capitolo vi 157


osservare sino al concilio generale gli articoli concordati, e intendendo altri che egli avesse rimesso al pontefice e quelli e tutte le altre cose, acciò in questa parte non restasse alcuna dubitazione, dechiara non aver avuto intenzione con la scrittura di decidere alcuna cosa in questo negozio, né che alcun articolo fosse ricevuto o tollerato sino al futuro concilio, e che meno allora lo decideva o difiniva, ma che ha rimesso al sommo pontefice tutto il trattato e tutti li articoli di quello, sí come ancora li rimetteva; il che avendo dechiarato alla cesarea Maestá in voce, voleva anco dechiararlo e confirmarlo a tutto il mondo con scrittura.

E non contento di questo, ma considerando che il voto di tutti li principi cattolici, eziandio delli ecclesiastici, concordava in domandar concilio nazionale, e che nella instruzione sua aveva avuta strettissima commissione dal pontefice di opponersi, quando di ciò si trattasse, se ben lo volessero fare con autoritá pontificia e con presenzia di legati apostolici, e che mostrasse quanto sarebbe in pernicie delle anime e con ingiuria dell’autoritá pontificia, alla quale venirebbe levata la potestá che Dio li ha data per concederla ad una nazione; e che raccordasse all’imperatore quanto egli medesmo avesse detestato il concilio nazionale essendo in Bologna, conoscendolo pernicioso all’autoritá imperiale (poiché li sudditi, preso animo dal vedersi concessa potestá di mutar le cose della religione, penserebbono anco a mutar lo stato); e che Sua Maestá dopo il 1532 non volse mai piú celebrar in sua presenza dieta imperiale per non dar occasione di dimandar concilio nazionale; fece il cardinale diligentemente l’ufficio con Cesare e con ciascuno delli principi. E oltre ciò pubblicò un’altra scrittura indrizzata alli cattolici, in quella dicendo: aver considerato diligentemente di quanto pregiudicio fosse se le controversie della fede si rimettessero al concilio d’una nazione, e aver giudicato esser ufficio suo di ammonirli che onninamente dovessero levar via quella clausula, essendo cosa manifestissima

che nel concilio nazionale non si può determinare le controversie della fede, concernendo questo lo stato universale della