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188 l'istoria del concilio tridentino


molte irregolaritá, nullitá de atti e indebite percezioni de frutti, e che per ciò si potesse svegliare qualche nazione mal contenta ad interporre un’appellazione e incominciar a contender di giurisdizione. Per il che anco scrissero di non doverla pubblicare senza nova commissione, stimando anco che basti il solo romore d’esser fatta la bolla, senza che si mostri. Di questa bolla si dirá a suo luoco il fine che ebbe.

Un altro negozio, se ben di minor momento, non però manco noioso, restava. Li legati, che sino a quel giorno avevano avuto leggieri sussidi per far le spese occorrenti, ed essendo anco assai poveri per supplire col suo, come in qualche particolare li era convenuto fare, continuando in tal guisa non averebbono potuto mantenersi; onde, comunicato con Farnese, scrissero al pontefice che non era reputazione sua far un concilio senza ornamenti e apparati necessari e consueti, con quel splendore che un tanto consesso ricerca; a che era necessaria persona con un carico proprio, e che però sarebbe stato bene ordinare un depositario con qualche somma di denari per provveder alle spese occorrenti e per sovvenire qualche prelato bisognoso e accarezzar qualche uomo di conto, cosa molto necessaria per fare aver buon esito al concilio.

Il 3 maggio essendo giá arrivati dieci vescovi, fecero congregazione per stabilire le cose preambule. Nella quale intimarono pubblicamente la commissione del pontefice di aprir il concilio, aggiongendo che aspettavano a determinar il giorno, quando ne fosse data parte all’imperatore. Si passò la congregazione per la gran parte in cose ceremoniali: che i legati, se ben d’ordine diverso (essendo uno vescovo, l’altro prete e il terzo diacono), dovessero nondimeno aver li paramenti conformi, portando tutti tre ugualmente piviali, sí come l’ufficio e autoritá loro era uguale in una legazione e una presidenza; che il luoco delle sessioni dovesse esser dobbato di panni arazzi, acciò non paresse un consesso di meccanici. Proposero se si dovevano far sedie per il pontefice e per l’imperatore, le quali dovessero esser ornate e restar vacue; si trattò se a don

Diego si avesse a dar un luoco piú onorato degli altri ora-