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208 | l'istoria del concilio tridentino |
costumi non essere bisogno far menzione, essendo manifesta
cosa che il clero e li pastori soli erano e li corrotti e li corruttori. Per le quali cause anco Iddio aveva mandato la terza
piaga, che era la guerra, cosí esterna de’ turchi, come civile
tra cristiani. Che senza questa interna e vera recognizione in
vano entravano in concilio, in vano averebbono invocato lo
Spirito Santo. Essere giusto il giudicio di Dio che li castigava
sì fattamente, però con pena minor del merito. Per il che
esortavano ognuno a conoscere li suoi falli, a mitigar l’ira di
Dio, replicando che non sarebbe venuto lo Spirito Santo da
loro invocato, se ricusassero udir li propri peccati e ad
esempio di Esdra, Neemia e Daniele confessarli, e aggiongendo essere gran beneficio divino l’occasione di principiar
il concilio per restaurare ogni cosa. E se ben non mancheranno oppugnatori, nondimeno essere loro carico operare con
costanzia, e come giudici guardarsi dagli affetti e attender
alla sola gloria divina, dovendo far quest’ufficio inanzi Dio,
gli angeli e tutta la Chiesa. Ammonirono in fine li vescovi
mandati dalli principi a far il servizio de’ loro signori con
fede e diligenza, preponendo però la reverenzia divina ad
ogn’altra cosa. Dopo questa fu letta la bolla dell’intimazione
del concilio del 1542 e un breve della semplice deputazione
delli legati, con la bolla dell’apertura del concilio letta in
congregazione. E immediate si fece inanzi Alfonso Zorilla,
secretario di don Diego, e riprodusse il mandato dell’imperatore, giá presentato alli legati, aggiongendo una lettera di
don Diego, nella quale scusava l’assenzia sua per indisposizione. Dalli legati fu risposto, quanto all’escusazione, che era
ben degna d’esser ammessa; quanto al mandato dissero che,
se ben potevano insistere nella resposta fatta al sopraddetto
tempo, nondimeno li piaceva per maggior riverenza riceverlo
di novo ed esaminarlo, dovendo poi darne risposta.
Le qual cose fatte secondo il rito del ceremoniale romano, s’ingenocchiarono tutti a far l’orazione con voce sommessa, accostumata in tutte le sessioni, e poi la pubblica: Adsumus Domine etc. Sancti Spiritus etc., che il presidente dice ad