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216 l'istoria del concilio tridentino


restando al comun parere del consesso la definizione del capo principale per che era congregata l’adunanza. Questa forma apparisce nelli concili, de’ quali gli atti restano. Si può portar per esempio il colloquio de’ cattolici e donatisti inanzi Marcellino, e altri molti. Ma per parlar solo de’ concili generali, questo si vede nel concilio efesino primo, inanzi Candidiano conte, mandato per presedere dall’imperatore; e piú chiaramente nel calcedonense generale, inanzi Marziano e giudici da lui deputati; nel constantinopolitano di Trullo, inanzi Constantino Pogonato, dove il prencipe o magistrato presidente comanda che cosa si debbia trattare, che ordine tenere, chi debbia parlar, chi tacere, e nascendo differenza in queste cose, le decide e accomoda. E negli altri generali, de’ quali gli atti non restano, come del primo niceno e del secondo constantinopolitano, attestano gl’istorici di quei tempi che l’istesso fecero Constantino e Teodosio. In questi stessi tempi non s’intermessero però quelli altri, quando li stessi vescovi da loro medesimi s’adunavano; e l’azione era guidata, come s’è detto, da uno di loro, e la risoluzione presa secondo il comun parere. La materia trattata alle volte era di breve risoluzione, sì che in un consesso si espediva; alle volte per la difficoltá o multiplicitá aveva bisogno di reiterati, onde vengono le molte sessioni nel medesimo concilio. Nessuna era di ceremonia, né per solo pubblicar cose digeste giá altrove, ma per intendere il parer di ciascuno; erano chiamati atti del concilio li colloqui, le discussioni, le dispute e tutto quello che si faceva o diceva. È nova openione e praticata poche volte, se ben in Trento è stabilita, che li soli decreti siano atti del concilio, e soli debbiano esser dati in luce, ché negli antichi tutto si dava a tutti. Intervenivano notari per raccogliere li voti, li quali, quando un vescovo parlava non contradicendo alcuno, non scrivevano il nome proprio di quello, ma usavano di scrivere cosí: «la santa sinodo disse». E quando molti dicevano l’istesso, si scriveva: «li vescovi esclamarono», o vero «affermarono»; e le cose cosí dette erano prese per definizioni. Se parlavano in contrario senso erano notate le