Pagina:Sarpi, Paolo – Istoria del Concilio tridentino, Vol. I, 1935 – BEIC 1916022.djvu/305

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libro secondo - capitolo v 299


della dottrina cristiana la filosofia d’Aristotele, tralasciata la Scrittura, e posto tutto in dubbio, sino al metter questione se ci sia Dio, e disputarlo da ambe le parti. Pareva cosa strana che si fosse stato sino a quel tempo a sapere che l’ufficio dei vescovi era predicare, che non s’avesse trattato di levar l’abuso di predicare vanitá e ogn’altra cosa salvo che Cristo, che non fosse provveduto all’aperta mercanzia de’ predicatori sotto nome di lemosina.

Alla corte dell’imperatore, andata notizia delli decreti fatti, fu ricevuto molto in male che della riforma si fosse trattato cose leggieri, anzi non richieste dalla Germania, e in materia di fede fossero le controversie per il decreto risvegliate; imperocché, essendo giá nelli colloqui quasi concordata la controversia del peccato originale, dal concilio, dove si aspettava composizione, era provenuto decreto contra le cose concordate. E per nome dell’imperatore fu scritto alli suoi in Trento che facessero ogn’opera acciò s’attendesse alla riformazione, e le cose di fede controverse si differissero all’andata dei protestanti, che Cesare era sicuro d’indurvi; o vero almeno sinché fossero gionti li prelati di Germania, che, fatta la dieta, si sarebbono incamminati. Ma di queste cose conciliari poco tempo si parlò, perché altri accidenti avvennero, che voltarono a sé gli occhi e la mente d’ognuno.

Imperocché in Roma il Cardinal di Trento concluse a’ 26 giugno la lega tra il pontefice e Cesare contro li protestanti di Germania, alla quale era stato dato principio dal Cardinal Farnese l’anno innanzi in Vormes, come è stato detto, e dappoi s’era molte volte per mezzo d’altri ministri trattato. Le cause allegate e le condizioni furono, perché la Germania da molto tempo perseverava nell’eresie, per provveder a che si era congregato il concilio di Trento e giá principiato; al quale ricusando li protestanti di sottomettersi, il pontefice e Cesare, per gloria di Dio e salute della Germania, convengono che Cesare si armi contra quelli che lo recusano, e li reduca all’obedienza della santa sede. Che per questo il pontefice metti in deposito in Venezia cento mila scudi, oltre li cento