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322 | l'istoria del concilio tridentino |
loro la guerra: e li cattolici di Germania pensassero che, deposti li interessi della religione e della reforma, egli mirasse solo
a soggiogar la Germania. Dubitò anco che, seguendosi a trattar
le materie controverse (come giá s’era fatto del peccato originale, ed era avvisato che si divisava far della giustificazione),
li potesse esser impedita qualche composizione che s’avesse
potuto fare, dando speranza alle cittá che sarebbono udite le
ragioni, per separarle dalli principi della lega. Vedeva chiaro
esser necessario che il concilio restasse aperto, ma attendesse
alla riforma solamente; ma difficile ottenerlo, se non avendo
il papa congionto in questo. Però spedií in diligenza a certificarlo che averebbe posto tutto lo spirito e le forze principalmente a far che Trento fosse sicuro; che non dubitasse,
quantonque andasse fama de eserciti protestanti in Svevia;
che era ben necessario mantener il concilio per ovviare alle
detrazioni e calunnie che contra ambidua sarebbono disseminate, se si dissolvesse; lo pregava efficacemente ad operare sí
che restasse aperto, e le cose controverse non fossero trattate,
essendo sua ferma intenzione di constringere li suoi aderenti
protestanti con l’autoritá e li inimici con le armi ad intervenirvi e sottoporsi. Ma tra tanto non bisognava metter impedimento a questo ottimo disegno, serrando loro la porta
con decreti contrari fatti in assenza; che questo non poteva
andar longo; sperava vederne il fine quella state; però si contentasse operare che si trattasse della riforma per allora; o se
pur si trattasse della religione, si toccassero solo cose leggieri, e che difinite non offendessero li protestanti. Ordinò
anco che l’istesso ufficio fosse fatto dall’ambasciator suo in
Trento con li legati. E perché era informato che Santa Croce
era inclinato alla dissoluzione in qualonque modo, commise
all’ambasciatore che con lui facesse passata a dirli che, se egli
avesse operato alcuna cosa contra la mente di Sua Maestá in
questo, l’averebbe fatto gettar nell’Adice; il che fu anco fatto
pubblico a tutti, e scritto dalli istorici di questo tempo.
Il pontefice, se ben averebbe voluto vedersi libero dal concilio, e da tutta la corte fosse desiderato l’istesso, giudicò